C'è chi lo ha definito “il governo più orientato a sinistra nel momento in cui il Paese è più orientato a destra”. Di fatto è un governo privo di opposizione parlamentare a sinistra e non succedeva da parecchio. Dalla partenza si può scommettere che almeno su un fronte, quello dell'immigrazione, cioè quello di cui Salvini aveva fatto il lo stendardo e la prima linea, il secondo governo Conte marcerà in direzione a quella imboccata dallo stesso Conte nel suo primo governo, dunque sino a un mese fa. Lo “affiancheranno”, come da sua formula, molti dei ministri che facevano parte di quel governo e non è ancora stata valutato in pieno l'impatto di una bizzarria senza precedenti, né in Italia né fuori. In una certa misura questo governo nato sotto l'urgenza dettata dalla paura realizza davvero uno dei miti fondativi dell'M5S. Se non si è “né di destra né di sinistra” si può volteggiare a piacimento. Ma illudersi che ciò non abbia un effetto terremotante sull'intero sistema sarebbe probabilmente illusorio.

Il problema è che le politiche che si adottano però restano “di sinistra o di destra” e da questo punto di vista il “governo più orientato a sinistra” e privo di opposizione a sinistra rischia di creare grossi problemi. Nella postazione nevralgica degli Interni c'è l'ex prefetto Luciana Lamorgese, unico tecnico del governo. E' noto che sul fronte dell'accoglienza la sua disposizione è opposta a quella del predecessore. Su altri fronti, però, non sarebbe facile definirla “di sinistra”. Come prefetto ha all'attivo 127 sgombri in 20 mesi a Milano, un record, e si presentò con la famosa, anzi famigerata retata alla stazione della quale furono vittime poveracci di ogni sorta, effettivamente senza guardare al colore della pelle.

Alla Giustizia è stato confermato il ministro Bonafede e se per sinistra si intende la difesa delle garanzie, come sarebbe opportuno e giusto ancorché desueto, si profila come l'opposto esatto: uno di quei 5S, cioè quasi tutti, per i quali Gratteri e Davigo sono profeti. Nel governo è presente la ministra Bellanova, renziana e gran sostenitrice del Jobs Act. Tra i pupari dell'esecutivo, in postazione eminente, c'è lo stesso Renzi, l'ex premier che firmò, oltre al medesimo Jobs Act, l'abolizione dell'art. 18 e la riforma costituzionale più invisa alla sinistra, inclusa quella interna al Pd.

Dopo Conte la figura più “pesante “ del governo, anche in virtù dei suoi fedelissimi distribuiti nei ministeri chiave, è Luigi Di Maio. Ci ha sempre tenuto a difendere l'assoluta continuità tra il nuovo governo e quello gialloverde, che precisamente “di sinistra” non era.

La postazione più delicata è quella occupata da Roberto Gualtieri ed è per il momento un punto interrogativo. Gualtieri viene dalla sinistra del Pds e poi dei Ds ma è anche forse il più “europeo” tra i politici italiani. E' senza dubbio l'uomo giusto al posto giusto per trattare condizioni più favorevoli all'Italia con Bruxelles e ci arriva anche al momento giusto. In parte per la paura destata da Salvini e dal sovranismo europeo, in parte per i guai dell'economia tedesca, la Ue non è mai stata tanto disponibile con l'Italia come in questo momento. Ma la luna di miele è garantita solo per alcuni mesi. Poi, allontanato lo spettro leghista, le cose potrebbero cambiare.

In definitiva non è escluso affatto che la sinistra politica, che a questo punto deve difendere questo governo a tutti i costi, si trovi costretta a supportare politiche che per il proprio popolo saranno indigeste, specialmente una volta superato il panico da Salvini che attualmente fa premio su tutto tra gli elettori oltre che tra gli eletti. Le conseguenze in termini di consenso sarebbero facilmente immaginabili.