Nel pomeriggio l’avvocato Giuseppe Conte convoca le parti, i capigruppo di Pd e M5S per definire gli ultimi “dettagli” prima di affidare il suo futuro politico al gradimento degli iscritti su Rousseau e, un attimo dopo, al Quirinale. C’è ancora da limare qualche incomprensione e scremare definitivamente la rosa dei nomi da piazzare sulle poltrone governative. Il primo dossier riguarda il nodo vicepremier. Due, come vorrebbe Luigi Di Maio per non dover traslocare da Palazzo Chigi? O nessuno, come suggerisce Dario Franceschini, per garantire discontinuità con lo schema del precedente governo? Alla fine passa la linea dem, e la ufficializza in serata il capo politico pentastellato, che in diretta Facebook fa sapere di aver rinunciato al “vecchio” incarico dopo la parallela rinuncia del Pd a esprimere un proprio vice. Superato il primo scoglio resta però ancora parecchio lavoro per incastrare tutti gli altri “pezzi” al posto giusto.

Blindate dal M5S ci sono di certo due caselle: la Giustizia, di Alfonso Bonafede, e i Rapporti col Parlamento di Riccardo Fraccaro. A cui potrebbe aggiungersi la poltrona di sottosegretario alla presidenza del Consiglio di Vincenzo Spadafora, a patto che i grillini non esprimano anche un vicepremier.

Potrebbero trovare ancora spazio nell’esecutivo anche Barbara Lezzi ( al Sud) e l’attuale sottosegretaria all’Economia, Laura Castelli, che potrebbe addirittura essere promossa ministra dello Sviluppo economico, se riuscisse ad avere la meglio sulla vice segretaria del Pd Paola de Micheli .

Per il Tesoro, infatti, a meno di una improbabile permanenza di Giovanni Tria, i papabili sono: l'ex ragioniere dello Stato, Daniele Franco, l’economista Lucrezia Reichlin e, new entry renziana, Roberto Gualtieri, presidente della commissione per i Problemi economici e monetari del Parlamento europeo.

Per il caldissimo ufficio che fu di Matteo Salvini, il Viminale, la scelta dovrebbe ricadere su figure tecniche, esterne ai partiti, ma da loro indicate. La partita dovrebbe essere a tre: tra il capo della Polizia, Franco Gabrielli, il prefetto Mario Morcone e l’ex prefetto di Milano Luciana Lamorgese.

Alla Sanità, qualora il Pd cedesse, potrebbe esserci un avvicendamento tutto pentastellato, con Giulia Grillo invitata a cedere la poltrona al collega Pierpaolo Sileri, presidente della commissione Sanità al Senato. Avvicendamento anche ai Trasporti, dove il capo dei senatori M5S,

Stefano Patuanelli, prenderebbe il posto di Danilo Toninelli. Promozione nell’aria anche per l’altro capogruppo grillino Francesco D’Uva, la cui poltrona però deve essere ancora definita. Potrebbe occupare una delle sedie lasciate vacanti dai tecnici uscenti: Esteri, Ambiente, Difesa.

Per la prima casella l’identikit più adatto sembra essere quello dell’ex premier Paolo Gentiloni, ma dovrebbe vedersela con Di Maio, qualora rinunciasse al ruolo di vice premier. All’Ambiente, invece, potrebbe approdare, in quota Leu, la terza gamba del governo Rossella Muroni, sempre che al gruppo di Piero Grasso non tocchi il ministro per gli Affari regionali, nella persona di Vasco Errani.

Il sottosegretario alla Pubblica amministrazione, Mattia Fantinati, potrebbe diventare titolare del dicastero fino a ieri affidato a Giulia Bongiorno o scegliere tra Digitale e Turismo. Della squadra dovrebbero parte anche Graziano Delrio ( Politiche sociali), Maurizio Martina ( Agricoltura) e Anna Ascani ( Istruzione), in lizza con la collega di partito Simona Malpezzi.

In aggiunta c’è l’aria fichiana da dover inserire nell’esecutivo, come segnale di reale discontinuità col passato. In questo contesto, a giocarsi una promozione ci sono l’attuale presidente della commissione Antimafia, Nicola Morra, che potrebbe aspirare a una delega pesante sulla Sicurezza e

Carla Ruocco, presidente della commissione Finanze alla Camera, napoletana come Fico, che potrebbe invece puntare a un ministero economico.

Infine, potrebbe esserci spazio anche per Alessandro Di Battista, l’irriducibile leader movimentista, agli Affari europei. Di Maio ha incontrato l’ex amico nel pomeriggio in un appartamento romano, nelle speranza di ottenere almeno un atteggiamento non ostile che potrebbe spaccare definitvamente il partito. Il Quirinale attende paziente la lista definitiva. Sempre che Rousseau non mandi tutto in fumo.