Quale sarà il profilo del governo che nascerà la prossima settimana? Bisognerà vedere naturalmente la sua composizione e, pur premesso che ogni tecnico chiamato ad esercitare una funzione di governo diventa immediatamente un politico, osservare quanti e quali saranno i tecnici d’area che annovererà. Ma intanto molto del Conte- bis o Conte- 2 è definito dal suo atto di nascita.

Sarà probabilmente in filigrana un governo del presidente, e per vari ordini di motivi. Per il rapporto fiduciario che ormai da mesi, sin da quella famosa “conferenza stampa al popolo” di Conte, lega l’azione del presidente del Consiglio al Quirinale, un rapporto rimarcato dal colloquio che Mattarella ha voluto intrattenere con Conte prima di affidargli l’incarico, assicurandosi delle linee- guida nell’azione dell’esecutivo. Che, se si potessero riassumere in una frase, sarebbe “riportare l’Italia alla normalità, dandole serenità e futuro”.

Poi vi sono le condizioni politiche date: pur essendo infatti un governo di naturale evoluzione della crisi ( come abbiamo scritto su queste stesse colonne ormai due settimane fa), il nascente esecutivo poggia su un’alleanza politica ancora tutta da costruire ( come ha ammesso uno dei due contraenti, Nicola Zingaretti) e che se si stringerà davvero sarà solo strada facendo.

Alleanza politica complessa, tra un partito sottoposto a tensioni correntizie ma strutturato, e un movimento che è per natura e definizione un magma di valori e identità contrastanti, con una leadership debole ( la sconfitta di Salvini è anche la sconfitta di Di Maio) e fortemente condizionato da entità esterne, Beppe Grillo e la Casaleggio, che è oltretutto una società di consulenza privata.

Il governo nasce insomma in una condizione tale che la vigilanza del Quirinale non potrà che rimanere alta. Infine, terzo elemento, prima che la crisi trovasse sbocco nella nascita di un nuovo governo, Mattarella ha fatto sapere che al nuovo presidente del Consiglio avrebbe chiesto il pieno rispetto degli articoli 92 e 95 della Costituzione: ha cioè ricordato che responsabile dell’azione di governo è il premier ( e non qualche suo vice, dai quali non deve essere condizionato, come è invece accaduto per oltre un anno di esecutivo gialloverde), e che i ministri li sceglie il primo ministro in accordo col capo dello Stato cui spetta la loro nomina.

Condizioni, quelle ricordate e poste da Mattarella, che in tutta evidenza tendono a ristabilire il buon ordine nel funzionamento delle istituzioni repubblicane. Quando diciamo che nascerà un “governo del presidente” intendiamo dire anche che Conte sa di avere al Colle un interlocutore, e anche nel nome della stabilità un ( abilissimo) Lord Protettore.

Questa condizione non è affatto anomala. Se si ricorda che il criterio costituzionale non scritto, ma che ha guidato tutta la storia della Repubblica, è quello della leale collaborazione tra le istituzioni che i Costituenti avevano immaginato lavorare in perfetta armonia ( ma prevedendo compensazioni in caso di rottura di quell’armonia) si comprende che - a meno ovviamente di motivate disarmonie istituzionali, e non son state poche in settant’anni- il principio guida è quello del dialogo sempre aperto e leale tra Quirinale e Palazzo Chigi. Quali che siano gli inquilini dei rispettivi Palazzi.

In più, e qui sta la novità della figura di Giuseppe Conte, si tratta di un presidente del Consiglio che è ancora un uomo nuovo alla politica, e che ha già mostrato di ascoltare e seguire i suggerimenti che - anche da vari interlocutori- gli son giunti dal Colle. Quanto poi a un elemento imprescindibile quale il tratto umano, i caratteri dei due presidenti non presentano particolari affinità.

Ma il fatto che Giuseppe Conte sia un ragazzo di Villa Nazareth, che sia stato allevato nella scuola dei due più grandi Segretari di Stato vaticani, monsignor Tardini e il cardinal Silvestrini ( scomparso tra l’altro proprio ieri) per un cattolico democratico come Sergio Mattarella di certo conta: vi sono elementi per un linguaggio comune.