Un edificio vecchio che presenta condizioni materiali che non soddisfano quello che richiede l’ordinamento penitenziario. Le stanze di pernottamento delle persone detenute sono estremamente disomogenee. Si va dai cosiddetti “cubicoli” con i servizi igienici a vista, ai cameroni da 14 persone. Particolarmente degradate alcune sezioni, come quella per persone malate o disabili, con letti a castello anche a tre piani.

Condizioni che possono essere facilmente considerate in violazione dell’articolo 3 della Convenzione europea per la tutela delle libertà fondamentale e dei diritti umani che inderogabilmente vieta “trattamenti o pene inumane o degradanti”, secondo l’interpretazione che di tale precetto è data dall’elaborazione giurisprudenziale della Corte di Strasburgo. A tutto questo si aggiungono casi che potrebbero profilare il rischio maltrattamento.

Parliamo del cosiddetto “mostro di cemento” del carcere di Poggioreale, a Napoli. Ad esporre tutte queste osservazioni è il Garante nazionale delle persone private della libertà che ha svolto la visita non annunciata in carcere suddivisa in due tappe. La prima, durata quattro giorni ( dal 2 al 4 maggio 2019), è stata condotta da una delegazione composta dall’intero Collegio del Garante – Mauro Palma, Daniela de Robert ed Emilia Rossi – due componenti dell’Ufficio – Giovanni Suriano e Raffaele De Filippo – e da un’esperta del Garante nazionale – Silvia Talini.

La seconda tappa è consistita invece in una visita ad hoc all’Istituto di Santa Maria Capua Vetere per verificare le condizioni di un detenuto che potrebbe essere stato vittima di maltrattamento e trasferito dalla Casa circondariale di Poggioreale il 2 maggio, in coincidenza con l’arrivo della delegazione del Garante.

Nella relazione, l’autorità del Garante premette che il primo aspetto che colpisce è la tipologia degli stessi detenuti. Infatti, pur trattandosi di una Casa circondariale, destinata quindi alle persone in attesa di giudizio o condannate a pene inferiori ai cinque anni ( o con un residuo di pena inferiore ai cinque anni), sono oltre 1.000 le persone detenute con una sentenza definitiva o mista su una popolazione totale di 2.370 persone.

Il Garante sottolinea che tale fattore è un elemento destabilizzante, soprattutto quando ha più volte avuto sentore di pressioni che soggetti in esecuzione di pena esercitano su soggetti più deboli, spesso con frequenti ingressi e successive uscite, secondo una modalità tipica di una criminalità di strada caratterizzata da intrinseca reiterazione dei reati. «Spesso – si legge nella relazione tali condotte criminali ad alta recidiva discendono da soggettivi stili di vita, condizioni sociali degradate, povertà culturale, ricorso a forme di manovalanza microcriminale connessa a taluni territori».

Alcuni reparti hanno ancora i ballatoi, come il reparto “Roma”, altri hanno grandi cameroni, pochissimi spazi comuni per le attività. Il Garante denuncia che «i reparti comunicano – quasi nella loro totalità – il senso di abbandono di uno Stato che sembra non investire realmente nella possibilità di realizzare quanto affermato nella sua Carta e nelle sue leggi».

Infine, sul rischio di maltrattamento, il Garante nazionale ha riscontrato alcuni episodi che sono stati oggetto di approfondimento. In particolare, il caso di una persona che, a seguito di crisi di natura psichica, è stata sottoposta a sorveglianza a vista e trasferita il giorno della visita del Garante in un altro Istituto per generici motivi «disciplinari», senza consentire al Garante stesso di incontrarla.

Per tale motivo, una parte della delegazione si è recata all’istituto dove tale persona si trovava e ha constatato direttamente i visibili segni di lesioni che aveva su varie parti del corpo. Tale situazione, sulla quale il Garante ha fatto una serie di approfondimenti, è stata oggetto di un esposto alla Procura della Repubblica di Napoli.