Un botta e risposta nel triangolo Conte- Salvini- Renzi che ha chiarito le posizioni di tutti, come era necessario e come da queste colonne avevamo sollecitato. Poi il presidente del Consiglio è salito al Quirinale per rassegnare le dimissioni e aprire formalmente la crisi. Spetterà a Sergio Mattarella tenere il capo del filo che porta ad una possibile soluzione. Tuttavia è impossibile non partire proprio da ciò che il confronto di palazzo Madama ha messo in luce, e cioè l’addio definitivo al tentativo - sono parole del premier di riunire in una maggioranza politica “tutte le insoddisfazioni degli italiani” e offrire gambe alla richiesta di cambiamento che, sotto quell’impulso, promanava dalle urne.

Questo tentativo, che ha dato vita alla coalizione gialloverde all’insegna di parole d’ordine sovraniste e populiste (“Sono orgoglioso di definirmi populista”, sosteneva l’ormai ex inquilino di palazzo Chigi) è arrivato al capolinea. La requisitoria di Conte nei confronti di Salvini è stata durissima nei contenuti e quasi sferzante nei toni: come a voler gettare sulle spalle del solo ministro dell’Interno la responsabilità di quel fallimento. In realtà il fallimento è cumulativo ed è sotto gli occhi di tutti: l’abito che è stato cucito addosso per 15 mesi al Paese è adesso irrimediabilmente stracciato. Il vero nodo è che un simile naufragio è avvenuto sotto il profilo della governabilità. Come tanti avevano preconizzato, è cioè risultato impossibile trasformare gli impulsi emotivi e la rabbia dell’elettorato in un credibile, percorribile, affidabile programma di governo. Il tentativo di ovviare attraverso la stesura di un Contratto si è rivelato un bluff.

Perché per metabolizzare quella rabbia, quel risentimento, quel sentimento di sfiducia che alligna nel profondo dei cittadini e che rappresenta il carburante vero del consenso di Lega e M5S, c’è solo ed unicamente l’azione di governo: profonda ed efficace, realistica e condivisa. Esiste nel Parlamento uscito dal voto di un anno e mezzo fa una maggioranza capace di accollarsi un simile fardello? Esiste una classe politica capace e attendibile, una leadership sostanziale in grado di svellere la cappa di sfiducia che pervade i cittadini e far emergere le tante energie che restano volutamente sottotraccia e inabissate nel disinteresse verso la politica e la cosa pubblica? Il compito tremendo che spetta a Mattarella è questo. Non un nuovo governo: piuttosto un nuovo inizio. Oppure riaprire le urne.