Non bastavano Tav, Flat Tax e “Russiagate” a rendere incandescente il clima tra Lega e Movimento 5 Stelle, ora si mette anche il Decreto sicurezza bis ad alimentare sospetti di possibili “tradimenti” e “rappresaglie” grilline in Senato. Lo spettacolo andato in scena alla Camera giovedì scorso - col presidente Fico fuori dall’Aula poco prima del voto finale, 17 parlamentari M5S “assenti” e una deputata, Doriana Sarli, apertamente contraria alla nuova legge - non è passato affatto inosservato. E adesso Lugi Di Maio teme sorprese a Palazzo Madama. Perché, numeri alla mano, in Senato la maggioranza giallo- verde si basa su soli tre voti di scarto: 164 sui 161 necessari ( compresi i sei senatori a vita). Troppo pochi per dormire sonni tranquilli. Fanno parte del conteggio totale, ad esempio, Elena Fattori, Matteo Mantero e Virginia La Mura che uscirono dall’Aula già in occasione del primo decreto sicurezza, una scelta che costò l’immediata espulsione al capitano Gregorio De Falco e, qualche mese dopo, alla fichiana Paola Nugnes.

«Non so con che modalità, ma di certo non voterò la fiducia al decreto sicurezza bis», ci comunica con serenità la senatrice Fattori, ancora in attesa di un responso dei probiviri dal novembre scorso sul suo futuro nel Movimento. E se anche Mantero e La Mura seguissero il suo esempio, confermando la contrarietà già espressa alla legge salviniana, la maggioranza scenderebbe a quota 161. Ancora sufficiente ad approvare il decreto, ma appesa a un filo sottilissimo. Che potrebbe spezzarsi. I malumori nei confronti della leadership di Di Maio, accusato di aver ceduto sulla Tav e di aver gestito malissimo la vicenda “Moscopoli”, non sono mai stati così diffusi, e qualcuno potrebbe pensare di “vendicarsi”, indebolendo ulteriormente l’uomo solo al comando, proprio attraverso un no al decreto sicurezza. Sarebbero una decina i senatori ribelli pronti a far saltare il banco. Ai piani alti del Movimento ne sono perfettamente consapevoli e per evitare nuovi episodi spiacevoli, come il ricorso ai voti del centrodestra, Di Maio sarebbe tentato di chiedere alla Lega di di non blindare il testo. Ipotesi scartata in partenza dal leader del Carroccio, deciso a portare a casa il provvedimento senza alcun emendamento. Ma i franchi tiratori, a questo punto, potrebbero agire senza rimorsi.

Come si comporterebbe, ad esempio, il senatore Alberto Airola, No-Tav prima che 5Stelle, dopo lo smacco subito dal suo partito sui cantieri della Torino- Lione? E cosa farebbe Mattia Crucioli, infuriato col capo politico per aver chiesto al gruppo di abbandonare l’Aula durante l’informativa di Conte sul “caso rubli”? «Credo che, anche per il bene del MoVimento 5 Stelle, sia giunto il momento di valutare attentamente le decisioni unilaterali del ' capo' e della comunicazione che lo consiglia», si è sfogato pubblicamente su Facebook, in serata, il senatore Crucioli. Anche Nicola Ciampolillo, esponente NoTap da tempo in rotta di collisione col partito e con l’alleato, rientra tra i papabili nemici del decreto che potrebbero far saltare la maggioranza.

E anche se difficilmente si spingerebbero fino a non votare la fiducia, è bene segnalare i non sempre allineati: Nicola Morra, Gianluigi Paragone e Primo Di Nicola. Tutti molto critici con la gestione Di Maio soprattutto dopo la batosta delle Europee.

Salvini, dal canto suo, si gode i tormenti dell’alleato, consapevole che il suo provvedimento verrà comunque convertito il legge, magari con l’ausilio di Giorgia Meloni e Silvio Berlusconi. E intanto invia 500 agenti in Val Susa a vigilare sulla manifestazione NoTav in programma oggi pomeriggio.