Sboccato ma colto, politicamente scorretto, condannato per dichiarazioni mendaci, avvezzo a sparate dialettiche e a comportamenti eccentrici. Il 55enne ex sindaco di Londra Boris Johnson non è certo l’emblema del politico conservatore britannico, ma ora sarà lui a guidare i “tories” e ad essere incoronato oggi come primo ministro.

Una lunga corsa Johnson ha sconfitto, uno ad uno, tutti i suoi avversari, nella corsa alla leadership iniziata a giugno. Ha superato alla fine la resistenza anche di Jeremy Hunt, ultimo ad arrendersi, riportando la maggioranza dei voti degli iscritti del partito Conservatore. La sua è stata una vittoria larga con 92.153 consensi contro i 46.656 di Hunt.

Ora ad attenderlo c’è il numero 10 di Downing Street, la storica residenza del primo ministro britannico, fino a ieri occupata da Theresa May. Per la legge britannica il leader del partito di maggioranza diviene infatti anche premier, una carica rimasta vacante dopo che la May è stata costretta alle dimissioni a causa del fallimento sulle trattative per la Brexit.

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Nodo Brexit E sarà proprio questa la questione principale che dovrà affrontare Johnson. Il nuovo capo dei Conservatori ha però una posizione molto più dura nei riguardi dell’Unione Europea, lo scorso anno si dimise da ministro degli Esteri proprio per l’atteggiamento, giudicato troppo morbido, di Theresa May.

Inoltre durante la campagna elettorale per la guida dei “tories”, BoJo ( come viene chiamato in Gran Bretagna) ha accentuato lo slancio antieuropeo considerando un’uscita dalla Ue anche senza accordo.

Un’eventualita che in settori dei Conservatori è vista come una calamità. Johnson dovrà fronteggiare chi, nel suo stesso schieramento, lo considera poco affidabile. La sua ascesa è tuttora avversata duramente da alcuni big come il sottosegretario agli Esteri Alan Duncan e il ministro per i Tirocini e le competenze Anne Milton. Il ministro delle Finanze Philip Hammond e il segretario per la Giustizia David Gauke hanno promesso dimissioni. Resta da capire se la fazione dei “ribelli” ( costituita da un buon numero di deputati) arrivi a dare seguito alla minaccia di sfiduciare lo stesso governo.

Governo fragile La maggioranza conservatrice in parlamento è davvero minima e se Johnson vorrà conservare la carica dovrà fare leva su temi veramente convincenti. Nel corso della campagna elettorale ha promesso di abbassare le tasse così come di «ridare slancio al paese».

Dichiarazioni giudicate da più parti generiche e strumentali. BoJo è conscio di ciò e testimoniarlo sono le prime parole rivolte a chi lo ha votato: «Ci sarà chi contesterà la saggezza della vostra decisione». Reazioni che non si sono fatte attendere.

Per primo il leader laburista Jeremy Corbyn: «Ha ottenuto il sostegno di meno di 100 mila membri del Partito conservatore non rappresentativi promettendo tagli di tasse per i più ricchi». Ma anche l’alfiere della Brexit, Nigel Farage, ha mostrato una certa freddezza non sapendo se Johnson avrà la forza di attuare l’uscita dall’Europa definita «un obiettivo di vita o di morte».