Kevin a - 1 Lo hanno fatto fuori da tutto. Cancellato. E non per modo di dire, per metafora. Lo hanno cancellato davvero per esempio dal film di Ridley Scott, Tutti i soldi del mondo.

Dopo le accuse di molestie, hanno rigirato le scene che avevano lui come protagonista. Stessa scelta per i produttori di House of cards di cui era stato il grande mattatore e che nell’ultima stagione lo hanno fatto sparire, decretando così anche il proprio insuccesso.

In tutto ha ricevuto 30 denunce e l’altro ieri è arrivata la prima decisione: i procuratori del Massachusetts hanno lasciato cadere le accuse di molestie sessuali e aggressione dopo che il giovane che lo aveva accusato ha ritirato la denuncia.

Sentenza mediatica Kevin Spacey si è sempre dichiarato innocente e continua la sua battaglia davanti ai giudici dei diversi tribunali nei quali è chiamato a difendersi. Ma parliamoci chiaro: il grande attore ha davvero qualche speranza di uscirne vivo? Sì, vivo, perché per molti è già morto.

Non si tratta neanche più di stabilire se sia colpevole o innocente, questo spetta infatti ai giudici non al sistema mediatico.

Una parte della comunità internazionale ha già decretato la sua fine. E a poco serve l’intervento del sistema giustizia. La drastica decisione è stata presa e ha il valore di una sentenza definitiva.

La stessa sorte è toccata a un altro grande regista e attore come Woody Allen: da quando è finito nel mirino del “metoo”, è diventato un appestato e nessuno vuol più produrre i suoi film o pubblicare i suoi libri.

Gogna pubblica Il processo mediatico scaturito dal movimento del “metoo” ha preso il sopravvento sulle legittime denunce contro un sistema che resta maschilista.

Invece di combattere nei tribunali quando ci sono le denunce o sul piano culturale ovunque sia possibile, si è scelta la scorciatoia della gogna pubblica.

Il meccanismo è quello del capro espiatorio, di qualcuno che viene preso di mira e sacrificato in nome della presunta salvezza collettiva. È un meccanismo barbaro che nulla ha a che fare con lo stato di diritto e con la costruzione della libertà femminile.

Kevin Spacey se ha sbagliato pagherà, ma la pena mediatica che gli è stata inflitta fin da subito è la peggiore possibile anche perché non finisce mai.

L'avvertimento della Atwood Ha sempre più ragione la grande scrittrice Margaret Atwood, la geniale autrice del Racconto dell’ancella, quando avvertiva, davanti al “metoo”, dei rischi che si correvano rinunciando a far valere la presunzione di innocenza.

Diceva: se crolla lo stato di diritto, sarà peggio per tutti, in primis per le donne.

La caccia alle streghe che ha messo al tappeto un grande attore come Spacey può capitare a tutti e a tutte. Per questo va contrastata. Non solo perché nessuno merita il trattamento che ha subito lui, ma perché in mezzo ci finiscono principi fondamentali.

In Italia abbiamo avuto il caso di Fausto Brizzi: le accuse nei suoi confronti sono state archiviate. Ma anche per lui la pena mediatica è mai finita?