Il ministro Alfonso Bonafede l’ha sempre annunciata come «un intervento mirato». Ma il suo non è solo un bombardamento molecolare: è una riforma della Giustizia vera, di fronte alla quale difficilmente l’alleato leghista potrà arricciare il sopracciglio. In particolare per la fermezza, che trasfigura nel rigore estremo, adottata dal guardasigilli con la magistratura. Oltre agli interventi sul processo, penale e civile, il ddl delega trasmesso ieri da via Arenula a Palazzo Chigi contiene infatti una seconda parte tutta dedicata alle toghe. Al Csm e non solo, perché si prevedono persino sanzioni disciplinari per i giudici dall’ingiustificata lentezza. Ma certo, a colpire più di tutto è la scelta che Bonafede annuncia con micidiale serenità giovedì sera, in un’intervista pubblica a Bruno Vespa: «Nel nuovo sistema per eleggere i togati del Csm ci sarà un sorteggio». Idea già ventilata. Che ora però è messa nero su bianco nel testo dell’ampia riforma.

Il meccanismo del sorteggio non sarà, ovviamente, trapiantato nudo e crudo nelle regole per formare il Consiglio superiore. Altrimenti si dovrebbe metter mano all’articolo 104 della Costituzione, che parla di “componenti eletti”. Come spiega Bonafede, «il sorteggio avverrà tra i candidati che hanno ottenuto una soglia minima di consensi».

LA RIFORMA INVIATA IERI DAL MINISTRO A PALAZZO CHIGI

Non basta a disinnescare la reazione dell’Anm, i cui vertici parlano di «evidente contrasto con una norma costituzionale». La nota, firmata da presidente e segretario dell’Associazione magistrati, Luca Poniz e Giuliano Caputo, attesta l’assoluta contrarietà delle toghe alla riforma del governo: «Apprendiamo da dichiarazioni del ministro che sarà trasmesso a Palazzo Chigi un testo» relativo a «tutto il sistema del Csm e della magistratura», dicono, ma «rispetto al quale non vi è stata alcuna preventiva interlocuzione con l’Anm».

DAI TEMPI AI PALETTI SUI “DIRETTIVI”

I contenuti della riforma sono forti e rappresentano per certi aspetti una rivoluzione. La parte dedicata alla magistratura non si riduce certo a regole disseminate qua è la per riorganizzare l’elezione dei togati o il loro ritorno in ruolo. È tutto molto più ambizioso. Si interviene, appunto, sui tempi di fase, che i giudici saranno tenuti a rispettare, pena l’avvio di un procedimento disciplinare; e sulla impossibilità di vestire di nuovo la toga per i magistrati che decidono di entrare in politica. Non si trascurano neppure le regole, «meritocratiche» e puntuali, per l’assegnazione degli incarichi direttivi, rivelatosi vero ingranaggio debole nell’argine al correntismo del Csm, fino allo splafonamento del caso Palamara. Se dunque sul processo si interviene con mano attenta, sull’ordinamento giudiziario il ministro Bonafede mostra una volontà di cambiamento persino inattesa. Tanto che la reazione tra il contrariato e lo smarrito dell’Anm è davvero il minimo che ci si potesse attendere. Non a caso, una figura come l’ex presidente del “sindacato” Eugenio Albamonte, altrettanto autorevole ma meno vincolata dall’aplomb istituzionale, arriva a scorgere nelle misure dell’esecutivo «un regolamento di conti nei confronti di noi magistrati».

IL MECCANISMO DEL SORTEGGIO AL CSM

Nel dettaglio, il sistema del sorteggio per l’elezione dei togati è concepito in realtà con una prima fase elettiva, ma molto allargata. Innanzitutto perché la legge messa a punto a via Arenula innalza il numero dei consiglieri togati da 16 a 20 ( e quello dei laici da 8 a 10): può farlo perché la Costituzione indica solo la proporzione tra le due componenti ( due terzi e un terzo) e non il numero esatto dei consiglieri. La seconda misura della rivoluzione è nel numero dei magistrati che, nella prima fase, dovranno essere eletti: saranno la bellezza di 100. Tra loro saranno poi sorteggiati i 20 componenti effettivi. Bonafede è certo di non incorrere nella sanzione di incostituzionalità: il testo parlerebbe di una prima fase “diretta a eleggere i magistrati destinati a far parte del Csm” e di una seconda “diretta a effettuare il sorteggio dei togati componenti il Csm”. Come se fossero, tutti e cento, “eletti potenziali”, con un quinto della platea poi effettivamente investito della rappresentanza a Palazzo dei Marescialli. I collegi sarebbero 20: uno è destinato alla Cassazione, gli altri 19 sono su base territoriale, composti da uno o più distretti di Corte d’appello, e risulterebbero «più piccoli degli attuali», come nota il guardasigilli. In ciascuno dei collegi viene sorteggiato un solo dei 5 eletti, che andrà effettivamente al Csm: si attenua dunque pure la polarizzazione accentrata nelle sedi maggiori, ossia Roma, Milano e Napoli. Riguardo all’eleggibilità, si passa dal requisito dei 3 anni di anzianità a quello della terza valutazione di professionalità. Confermato anche il livellamento dell’indennità, di 240mila euro.

SEZIONE DISCIPLINARE CON MEMBRI DEDICATI

Finita qui? Macché. Come annunciato sempre dal ministro, al Csm cambia anche la sezione disciplinare, «per creare un’autonomia di giudizio». Chi ne farà parte non potrà entrare in alcuna delle altre commissioni. Sarà divisa in due mini- collegi composti da 3 consiglieri, che dunque passano a 6 complessivi rispetto ai 4 attuali. Confermato, per gli ex togati, il divieto di assumere immediatamente incarichi di vertice negli uffici giudiziari: era stato cancellato dalla Manovra firmata Gentiloni, viene addirittura inasprito rispetto alla legge istitutiva del Csm del ’ 58: da 2 a 4 anni di naftalina. Rientro in magistratura abolito per le toghe che si candidano in Parlamento: manterranno lo stipendio ma lavoreranno nell’amministrazione della Giustizia con altre funzioni.

Una vera e propria raffica, con un colpo calibro 9: la definizione di tempi di fase rigorosi che i giudici, civili e penali, saranno chiamati a rispettare, pena il processo disciplinare qualora violassero i limiti per oltre il 30 per cento dei fascicoli loro assegnati. Avranno 4 anni per il primo grado, 3 anni per l’appello, 2 per la Cassazione. È, in parte, la soluzione sollecitata dal presidente del Cnf Mascherin per sterilizzare gli effetti dello stop alla prescrizione dopo il primo grado. Ma il vertice dell’avvocatura aveva chiesto, come sanzione, l’estinzione del processo. Il governo opta per quella disciplinare, seppur temperata dal presupposto del ritardo dovuto a “negligenza inescusabile”, vizio a sua volta da valutare “tenuto conto dei carichi di lavoro”. È comunque una svolta epocale, che forse l’Anm neppure ha avuto modo di analizzare, quando diffonde la nota sulla «palese dichiarazione di sfiducia nei confronti dei magistrati italiani». In realtà, l’autore della svolta, Bonafede, assicura che «i capi delle nostre Procure sono persone qualificatissime» e che dunque «siamo in ottime mani». Però infligge anche una frecciatina al curaro all’Anm, quando ricorda che avrebbe dovuto «ribellarsi di fronte all’accordo fra correnti che ha portato a 4 soli candidati al Csm, nella sezione pm, su 4 posti disponibili». La scelta drastica del sorteggio viene anche da lì.