Palamara. Ipresunti “conflitti d’interesse” delle toghe, e soprattutto la loro possibile strumentalizzazione, rischiano di paralizzare la sezione disciplinare del Consiglio superiore della magistratura.

Come era facilmente prevedibile, le diverse posizioni rispetto al “caso Palamara”, che ha scosso l’organo di governo dei giudici, stanno creando numerosi problemi per la composizione del collegio.

Tribunale disciplinare

Un importante banco di prova si avrà oggi, in quanto la sezione che rappresenta il “tribunale disciplinare” dei magistrati è chiamata a decidere la sospensione dallo stipendio e dalle funzioni per l’ex presidente dell’Anm, il pm romano Luca Palamara, indagato a Perugia per corruzione e coinvolto nell’ormai celebre dopocena del 9 maggio all’hotel Champagne di Roma.

Dopo l’atto di incolpazione formulato dal pg della Cassazione Riccardo Fuzio ( che ieri l’ennesima “discovery” di intercettazioni vede chiamato in causa per aver rivelato a Palamara le accuse rivoltegli a Perugia), il primo a decidere di non far parte del “collegio giudicante” era stato il vicepresidente del Csm, David Ermini, che della disciplinare è il presidente “naturale”.

Stessa decisione per il giudice Marco Mancinetti, legato a Palamara da risalente amicizia.

E per l’aggiunto Giuseppe Cascini, astenutosi in quanto primo titolare dell’inchiesta a carico di Palamara e per aver condiviso con quest’ultimo la dirigenza nazionale dell’Anm dal 2008 al 2012.

Arriva Ardita

In sostituzione di Cascini è subentrato il consigliere di “Autonomia & Indipendenza” Sebastiano Ardita.

La presenza di un esponente della categoria requirente nella disciplinare è necessaria affinché il collegio sia correttamente costituito.

Oggi, però, potrebbe esserci il colpo di scena, in quanto Palamara ha presentato istanza di ricusazione proprio nei confronti di Ardita.

Il motivo pare quanto meno arzigogolato: Palamara contesta ad Ardita di essere stato a conoscenza di uno dei passaggi cruciali delle sue manovre ai danni dei “nemici interni” alla Procura di Roma.

Quindi non più in possesso della necessaria serenità per poterlo giudicare.

La cosa bizzarra è che era stato lo stesso Palamare a chiedere al togato di “Autonomia & Indipendenza” un’analisi attenta dell’esposto dell’altro indagato di Perugia, Stefano Fava, nei confronti del suo avversario numero uno, Paolo Ielo.

Prima ha sollecitato la vigilanza di Ardita e ora Palamara ricusa lo stesso Ardita in virtù della propria sollecitazione.

Tentativo di rinvio

Se anche il consigliere di “AeI” rinunciasse, il disciplinare a carico di Palamara si fermerebbe almeno fino a novembre.

Gli altri due posti da pm in plenum infatti  sono vacanti a seguito delle dimissioni di Antonio Lepre e Luigi Spina.

Bisognerebbe cioè aspettare le elezioni suppletive del 6 e 7 ottobre, il successivo insediamento e quindi l’elezione, a scrutinio segreto, di chi andrà a comporre la disciplinare.

Il trojan

In tutto ciò pesa il silenzio sulla diffusione delle conversazioni registrate a Palamara tramite il trojan.

All’ultima riunione dell’Anm si vociferava di oltre mille pagine di telefonate “compromettenti”.

Al momento, però, sono state rese note solo quelle relative al citato dopo cena. Da qui la necessità, ribadita dal gruppo di Magistratura indipendente e dallo stesso Cascini, di rendere quanto prima conoscibili tutti gli atti di Perugia.

Su questo aspetto, secondo “Mi”, si segnala il disinteresse dell’Anm. In particolare davanti “alla sistematica violazione del segreto e a una chirugica scelta della carte da pubblicare”.

Le uniche carte rese pubbliche hanno infatti ottenuto lo scopo di affossare proprio “Mi”.