Flat tax e salario minimo tornano a dividere la maggioranza giallo- verde. E dopo il braccio di ferro tra il leader del Carroccio e quello del Movimento 5 Stelle sui 15 miliardi indispensabili a finanziare la tassa piatta, lo scontro di governo si arricchisce di nuovi elementi. Ad aprire le ostilità ci pensa il viceministro leghista all'Economia, Massimo Garavaglia, che ai microfoni di Radio Capital sostiene di aver individuato le coperture per la flat tax, ma «non le dico altrimenti Di Maio me le ruba...», aggiunge l’esponente del Carroccio. Che poi però non rinuncia a chiedere “idealmente” al ministro del Lavoro di fornire i dettagli delle cifre necessarie a finanziare il «salario minimo», misura che è stata bocciata «da tutto il mondo economico», insiste Garavaglia. «L'unica cosa che non si può fare in questo momento è aumentare i costi alle aziende».

Ma per il capo politico del Movimento «non è il caso di giocare a nascondino. Non lo devono dire a Di Maio, ma a tutti gli italiani dove troveranno i 15 miliardi di euro per fare la Flat tax.

Spero che i 15 miliardi siano freschi, senza togliere nulla agli italiani», dice stizzito il vice premier pentastellato.

«Bisogna evitare l’aumento dell’Iva, allo stesso tempo sono pronto anche a fare una manovra di bilancio in deficit se riesce a creare centinaia di migliaia di lavoro. Ci devono dire dove si trovano le risorse», prosegue Di Maio, prima di battere su un punto ribadito più vole nell’ultima settimana: «La Lega ha vinto le Europee ed è giusto che si prenda le sue responsabilità». Poi il numero uno pentastellato commenta la retromarcia annunciata dal sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Giancarlo Giorgetti, sui mini Bot. «Sono rimasto molto colpito dal fatto che la Lega abbia cambiato posizione sui mini Bot», dice Di Maio.

«Io non sono affezionato ai mini Bot ma al fatto che lo Stato debba pagare i crediti delle imprese. Lo Stato deve pagare i suoi debiti. Poi li si chiami come si vuole. Per me è molto importante, perché ne va della credibilità dello Stato. Non puoi chiedere di pagare le tasse alle imprese e poi tu non paghi le imprese», argomenta il vice premier M5S.

Sul tema, evidentemente ancora non del tutto archiviato, il vice ministro Garavaglia si tiene abbastanza sul generico per evitare di inciampare. «I mini bot possono essere uno strumento, se si fa “erga omnes” è un casino.

Possono funzionare solo se si risolve a monte il problema della certificazione del debito della Pubblica amministrazione», spiega il vice di Giovanni Tria.

E mentre Di Maio e Garavaglia battibeccano, Matteo Salvini detta la linea di governo con un post su Facebook. «Diminuire le tasse a famiglie, imprese e lavoratori è l’unico modo per far ripartire questo paese! A Bruxelles si mettano l’anima in pace: nel 2020 tanti italiani pagheranno meno tasse, apriranno nuove imprese e ci saranno più assunzioni», scrive il ministro dell’Interno, accompagnando il messaggio con un video- spot di 23 secondi contenente immagini dei suoi comizi. In sovraimpressione si susseguono le scritte «shock fiscale», «flat tax al 15%», «l’Italia riparte» e un eloquentissmo «ora o mai più».

A buon intenditor poche parole.