La prima conseguenza dell'attacco della commissione europea al governo italiano, la minaccia di procedura per debito, dunque di commissariamento per cinque anni, è stato il riavvicinamento di Salvini e Di Maio. Non bisogna esagerare e dare all'incontro di giovedì tra i due leader più importanza di quanta non ne abbia: il rischio di divorzio e crisi di governo resta ben presente, ma decisamente più remoto di quanto non fosse appena 24 ore prima. Nel disgelo hanno forse pesato possibili intese o avvii di intese su questo o quel ministero e certo è stata determinante la scelta di Di Maio, del resto quasi obbligata, di evitare se appena possibile le elezioni. Ma la spiegazione essenziale del nuovo clima tra i due partiti di governo è un'altra: la necessità di far fronte all'offensiva di Bruxelles e alla prevedibile tempesta che agiterà i mercati in estate.

La seconda conseguenza della lettera, peraltro già avviata nei giorni precedenti, è una drastica marginalizzazione di Giuseppe Conte. I due hanno deciso di incontrarsi senza aspettare che il premier tornasse dal Vietnam, nel colloquio non hanno lesinato critiche, nel comunicato finale hanno scelto di adottare toni ben diversi da quelli di Conte. Anche in questo caso la chiave dello slittamento nei rapporti all'interno della troika di governo sta nello scontro con l'Europa e nella scelta di Conte di schierarsi senza ambiguità sulla posizione indicata dal capo dello Stato, opposta allo scontro con Bruxelles che i due vicepremier hanno per ora deciso di ingaggiare.

L'offensiva della commissione ha inciso soprattutto sulla disposizione del leghista. Sconfitto a Strasburgo, dove non è riuscito a formare un gruppo unico sovranista che avrebbe esercitato comunque una notevole pressione, Salvini ha bisogno, se appena possibile, di poter contare su una maggioranza molto ampia, nel Paese e in Parlamento per provare a reggere l'urto della procedura minacciata e quello, prevedibile, dei mercati con una chance di chiudere la sfida con una mediazione onorevole. A occuparsi della trattativa è già, e resterà, Giovanni Tria che è oggi il vero elemento centrale del governo. La prima replica del governo alla lettera della commissione, la ha scritta lui facendola firmare a Conte e non è molto distante dalla bozza che appena una settimana fa aveva provocato fulmini e saette.

E' probabile che Tria sia il primo a rendersi conto che, soprattutto se Salvini non rinuncerà alla sua Flat Tax, un aumento almeno parziale dell'Iva sarà inevitabile e non è un mistero che stia cercando una via per finanziare la Flat Tax senza ricorrere al deficit. A fronte di una spesa di 30 mld, quanti ne prevede il progetto della Lega, sarebbe una missione pressoché impossibile. Ma rimodulando i tempi della riforma fiscale, eliminando gli 80 euro di Renzi e rimaneggiando a fondo il sistema delle detrazioni e deduzioni potrebbe invece rivelarsi praticabile. Sempre che Salvini e Di Maio da un lato, Bruxelles dall'altro, non si trincerino in posizioni intransigenti. In quel caso la situazione diventerebbe davvero ad altissimo rischio per tutti. Se il commissariamento diventerà un'opzione reale e imminente, infatti, la Lega non potrà accettarla e il fantasma per ora remoto dell'Italexit prenderebbe corpo, col rischio di provocare una crisi mondiale di dimensioni anche superiori alla Grande Recessione del 2008.

Per questo motivo, ma anche perché dopo il tremendo precedente greco la commissione è ben consapevole di quanto interventi rigidi e diretti rendano impopolare l'Unione a tutto vantaggio dei sovranisti, Bruxelles spera ardentemente di poter costringere il governo gialloverde alla resa senza dover dar seguito alla minaccia. Se, come è quasi certo, il Comitato economico e finanziario confermerà martedì prossimo la richiesta della commissione, la parola finale dovrebbe spettare il 9 luglio a Ecofin. Se da Roma arriveranno segnali di disponibilità al dialogo, però, Ecofin potrebbe far slittare la decisione fino al primo agosto e dunque, in virtù della pausa estiva, alla fine del mese. In quel mese, con la procedura incombente, dovrebbero scatenarsi i mercati, secondo le previsioni e gli auspici di Moody's ma non solo di Moody's, piegando a colpi di spread le resistenze del governo italiano. Ma anche se Ecofin decidesse di avviare la procedura il 9 luglio il percorso non sarebbe troppo diverso. In assenza di precedenti la tempistica del commissariamento è del tutto incerta. E' però probabile che Bruxelles fisserebbe un certo tempo, tra avvio e attuazione della procedura, per dar modo a Roma di addivenire a miti consigli e il ruolo dei mercati sarebbe in questo caso anche più decisivo.

Per reggere all'urto Salvini, dietro i ruggiti d'ordinanza, avrà bisogno di una task force diplomatica di serie a, e si tratterà della stessa che evitò la procedura nell'autunno scorso, composta da Tria e, con ruolo meno vistoso ma altrettanto centrale, dal ministro degli Esteri Moavero. Ma avrà anche bisogno di una compattezza del governo che appena due giorni fa sembrava una chimera e che anche dopo il ' riavvicinamento' tra Di Maio e Salvini non è affatto certa. E il punto interrogativo non riguarda solo il rapporto tra i due partiti sin qui duellanti ma anche il premier, chiuso nella tenaglia ricomposta dai suoi due vice e a fronte di una linea molto più dura di quella che auspicava nel confronto con la Ue. Solo a metà ella prossima settimana, dopo il vertice di lunedì dei due leader con il presidente del consiglio, dopo la prima e sospiratissima riunione del cdm dopo le elezioni martedì e dopo l'informativa del ministro Tria alle camere sullo stato dell'arte tra Italia e Ue, nella stessa giornata di martedì, sarà chiara almeno la disposizione della scacchiera in vista della partita, certamente molto dura e molto pericolosa, che si giocherà nel corso dei prossimi sei mesi.