Un calo di dieci punti in dieci giorni quasi a rappresentare in modo plastico la volatilità del consenso nelle società moderne in cui il voto di opinione ha soppiantato gli antichi fideismi rendendo il mercato elettorale costantemente mobile. A farne le spese stavolta sono gli stessi vincitori delle elezioni europee in Gran Bretagna, ovvero il Partito della Brexit di Nigel Farage il quale fallisce a sorpresa l’ingresso in Parlamento.

Nelle elezioni suppletive a Peterborough, nell’Inghilterra orientale, ha vinto per 683 voti la candidata dei laburisti, Lisa Forbes, che ha ottenuto il 31% dei consensi, contro il 29% del candidato di Farage, Mike Green. Terzi i conservatori con il 21% dei voti, seguiti dai liberaldemocratici al 12%. Alle elezioni europee del 26 maggio scorso, il Brexit Party, nato appena qualche settimana prima, aveva ottenuto il 38 dei voti in quello stesso collegio, peraltro uno dei bastioni del “leave”. Le elezioni nel collegio di Peterborough sono state convocate dopo le dimissioni della deputata laburista Fiona Oluyinka Onasanya, espulsa dal partito con l’accusa di ostruzione alla giustizia per aver mentito su una multa per eccesso di velocità, una circostanza che potrebbe far sorridere l’osservatore straniero, in particolare l’italiano.

Possono sorridere il laburisti, pesantemente sanzionati nel voto europeo ( 15%), ma soprattutto i conservatori che 15 giorni fa avevano realizzato il peggior risultato nella loro storia politica con un catastrofico 8% dei voti.

Per quanto parziale, il risultato di Petersbourgh dimostra quanto i giochi politici in Gran Bretagna siano ancora aperti e mette in eveidenza la fragilità strutturale del Brexit party legato all’altalenante voto d’opinione; in caso di elezioni anticipate la sfida per la formazione euroscettica di Farage, di fatto priva di un programma, sarà molto più complicata della passeggiata di salute delle ultime europee.