E così neppure il 2 giugno, festa della Repubblica, è riuscito a salvarsi dalle polemiche. Chissà!? Forse è normale che ogni celebrazione risenta del clima politico che imperversa e del cambiamento delle stagioni. O anche delle mezze stagioni, come pare essere questa. Era già successo al 25 aprile e, poi, al 1° maggio di finir denunciate come date di una sola parte e non feste di tutti gli italiani. Soltanto che stavolta lo scontro non s’è registrato fra destra e sinistra, fra maggioranza e opposizione, ma s’è acceso tutto all’interno della stessa area di governo. Ad dar fuoco alla miccia è stato il presidente grillino della Camera dei Deputati, Roberto Fico.

La sua improvvida idea di dedicare la giornata “ai rom e ai migranti” ha scatenato la reazione del solito Salvini. Il quale, sobriamente, ha quindi manifestato il proprio “giramento di scatole” (eufemismo). Quello stesso Salvini che, memore di un uso disinvolto del tricolore spesso rivendicato nelle valli del lombardo- veneto, pochi anni fa irrideva la celebrazione repubblicana scrivendo su twitter che “non c’era un cavolo ( eufemismo) da festeggiare”. Quest’anno, invece, il leader leghista ha voluto ergersi a difensore supremo dell’Italia e del patrio suolo. Tuttavia, certe parole in libertà e certe polemiche sarebbero rientrate in fretta se non fosse per il ribaltamento di forze fra M5S e Lega che si è registrato alle elezioni europee e che ha finito per accentuare il nervosismo e le fibrillazioni nella coalizione gialloverde. Con il premier Conte indispettito al punto di dire ai suoi litigiosi partner che “bisogna cambiare o meglio fermarsi”.

E’ forse il caso, allora, di provare a recuperare la memoria e il significato più profondo di questa che dovrebbe essere per definizione la data unificante della comunità nazionale. Trasformata ieri nell’ennesima occasione di divisione e scontro politico- istituzionale. Il 2 giugno che si è celebrato domenica rimanda a quello 1946. Quando, giusto settantatré anni fa e non senza denunce di presunti brogli, si svolse il referendum istituzionale che sancì il favore degli italiani per la Repubblica e la fine della monarchia di Casa Savoia. Quel giorno si votò pure per l’Assemblea Costituente per la redazione della nostra Carta fondamentale e, per la prima volta nella storia, anche le donne parteciparono a quello che si potè finalmente definire un suffragio universale. Non per questo le celebrazioni son mai state al riparo e scevre da polemiche. In particolare la parata militare sui Fori Imperiali a Roma che ha subito più di una contestazione, al punto da venir cancellata nel 1977, sia per ragioni di finanza pubblica che per motivazioni pacifiste.

Fu il Presidente Carlo Azeglio Ciampi, all’alba del nuovo millennio a ‘ pretendere’ di ripristinarne la solennità, con la sfilata delle diverse forze armate all’ombra del Colosseo: Esercito, Marina Militare, Aeronautica e Carabinieri. Nelle intenzioni dell’allora Capo dello Stato c’era l’idea di riunire gli italiani nel ricordare che “dopo la tragedia della guerra, grazie al coraggio di chi prese le armi per difendere la Patria” fu possibile “costruire un'Italia libera, fondata su istituzioni democratiche, nel rispetto dei valori di giustizia, dignità umana e solidarietà”. Ma in una parte del Paese quelle nobili parole di Ciampi sono sempre state avvertite come una sorta di artificio dialettico teso a coprire la retorica legata al significato della parola Patria.

Probabilmente certe dispute le ricorda bene un altro presidente della Camera, Fausto Bertinotti. Al quale nel 2006 toccò di essere investito dalle invettive, quasi tutte da sinistra. Combattuto tra il suo ruolo istituzionale e quello di leader Rifondazione comunista, Bertinotti si presentò, a fianco di Giorgio Napolitano, sul palco del 2 giugno esibendo all’occhiello il simbolo dell'arcobaleno e non con il tricolore, come da prassi. Un tentativo di restare in equilibrio che comunque non lo salvò dall’ondata polemica. Ma se, come detto in apertura, ogni celebrazione risente del clima politico contingente, allora non son state di certo casuali le parole scelte quest’anno dal Presidente Sergio Mattarella. ” Va ricordato che in ogni ambito libertà e democrazia non sono compatibili con chi alimenta i conflitti - ha sottolineato il capo dello Stato - con chi punta a creare opposizioni disseminate fra le identità, con chi fomenta scontri, con la continua ricerca di un nemico da individuare, con chi limita il pluralismo'.