C’è da comprendere il guardasigilli Alfonso Bonafede, quando dichiara che con il suo ddl sul Patrocinio a spese dello Stato, varato nel Consiglio dei ministri di lunedì sera, «finalmente si parla di giustizia per gli interventi a favore di tutti i cittadini, fuori dalla polemica politica». Dopo settimane di tensioni legate a inchieste e relativi riverberi mediatici, il ministro stabilisce un punto fermo nella politica giudiziaria. In particolare, come ricorda lui stesso, con un sistema dei diritti reso più «accessibile per tutti i cittadini, in particolare se meno agiati», ma anche con la garanzia che l’avvocato possa veder retribuita la propria opera in modo più puntuale e certo.

MASCHERIN: MINISTRO MANTIENE GLI IMPEGNI

«Assieme ai nuovi parametri e alla legge sull’equo compenso si tratta di un altro passaggio verso il necessario riconoscimento della attività difensiva anche dal punto di vista economico», commenta infatti il presidente del Consiglio nazionale forense Andrea Mascherin. Che esprime soddisfazione innanzitutto a partire da un dato: le modifiche alla normativa sul patrocinio a spese dello Stato «accolgono in buona parte la proposta del Cnf».

È così: il testo è una minuziosa e nello stesso tempo ampia revisione di alcuni degli aspetti che la massima istituzione dell’avvocatura aveva da tempo indicato come problematici. Tra gli uffici di via Arenula e quelli del Cnf è intercorso in questi mesi un intenso confronto tecnico che ha portato al disegno di legge appena messo sui binari.

Naturalmente, come dichiara ancora Mascherin, da una parte l’avvocatura dà atto «al ministro Bonafede» di «avere mantenuto l’impegno assunto con il Cnf», dall’altra ricorda che «ora bisogna continuare a lavorare con la politica perché il diritto al compenso dignitoso per gli avvocati trovi sempre migliore e maggiore applicazione». E questo dipende dal lavoro che si farà, sempre al ministero, per rafforzare l’attuazione della legge sull’equo compenso. Ma dipende anche, e in prima battuta, dal Parlamento, a cui il ddl sul patrocinio arriverà a breve e dove si potranno «apportare altri piccoli ritocchi migliorativi» , come auspica il presidente del Cnf.

Si tratta dunque di un esempio positivo di collaborazione fra via Arenula e Consiglio nazionale forense. Si va, per ricorrere ancora alle parole di Mascherin, «dall’estensione dell’istituto alla negoziazione assistita in caso di buon esito della stessa» a «modalità più rapide e semplici per l’ammissione» e alla «liquidazione dei compensi», con un «maggior rispetto, come base di calcolo, dei limiti minimi fissati dagli attuali parametri».

È stato apportato un restyling capillare al dpr 115 del 2002, ossia il Testo unico sulle spese di giustizia, in particolare con il primo dei tre articoli del ddl appena varato dal governo. E come ricorda il comunicato diffuso al termine del Consiglio dei ministri, una novità di peso è appunto l’estensione dell’istituto «alle procedure di negoziazione assistita» quando tale soluzione «sia condizione di procedibilità» e «sia stato raggiunto un accordo». Una limitazione, quest’ultima, che «si giustifica» in vista della «finalità di incentivare il raggiungimento di accordi in funzione deflattiva del contenzioso», si legge ancora nella nota del governo.

MISURA E TEMPI DELLE LIQUIDAZIONI

Rispetto alla misura e alla tempestività del compenso dell’avvocato, si interviene lungo due direttrici. Una riguarda appunto l’ancoraggio della disciplina del patrocinio al decreto sui parametri, mentre l’altra mette ordine nelle ambiguità normative che in alcuni casi impongono al difensore percorsi snervanti prima di ottenere la liquidazione. È proprio in quest’ultimo ambito, forse, che va colta la novità più utile in termini concreti: si tratta della previsione che obbliga il giudice a emanare, entro 45 giorni, il decreto di pagamento del difensore in quei casi in cui non aveva depositato tale decreto contestualmente al deposito della sentenza o altro provvedimento conclusivo.

Tuttora infatti in diversi casi in cui il magistrato “dimentica” l’atto con cui viene liquidato l’onorario, l’avvocato che sollecita il decreto si sente rispondere che la potestas decidendi è venuta meno. A quel punto al legale che aveva assicurato la difesa a una persona priva di mezzi non resta altro che fare causa al Tribunale, con la conseguente interminabile attesa. Non avverrà più, se il testo di Bonafede sarà approvato in Parlamento: il giudice della causa, civile o penale, non potrà più sottrarsi. Misura, inserita al primo comma dell’articolo 1, che risolve un rebus di cui aveva correttamente preso atto la stessa direzione generale della Giustizia civile, in una circolare recentemente diffusa.

Anche sull’entità del pagamento viene opportunamente fatta chiarezza: dovrà essere pari al valore medio previsto dall’ultimo decreto sui parametri. Si è evitato così l’effetto paradossale di un combinato disposto tra la precedente normativa sul patrocinio — che prevedeva riduzioni (di un terzo nel penale, della metà nel civile) calcolate sulle vecchie tariffe — e le soglie minime dei parametri, pur divenute inderogabili da inizio 2018. Le percentuali dei parametri non daranno luogo, insomma, a una doppia riduzione, ma diventano un riferimento certo.

Va ricordata anche un’ulteriore estensione del diritto al patrocinio a spese dello Stato: potranno accedervi anche le parti lese in particolari procedimenti — i minori vittime di maltrattamenti in famiglia o di violazione degli obblighi di assistenza. Altra modifica espressamente richiesta, come le altre, dal Cnf, e che il guardasigilli ha recepito. Si tratta ora di verificare l’iter parlamentare e gli affinamenti a cui accenna Mascherin: ma un passo importante, per la tutela della professione forense, è stato messo nero su bianco.