Per il garantista ogni avviso di garanzia è un avvio di indagine destinata a concludersi nel nulla e se riguarda un politico è un atto a orologeria delle Procure? Per il garantista anche il peggior assassino - magari terrorista, magari reo confesso - è comunque e sempre vittima di processi ingiusti? Il carcere è comunque una pena medioevale? Per il garantista la custodia cautelare è sempre una forma di tortura? Non è così. Il garantismo è un’idea alta che regge le democrazie evolute e gli equilibri sociali fondandoli sul rispetto della dignità della persona e sul dubbio come criterio di valutazione delle azioni umane. Nulla è più sbagliato che valutare il garantismo come un’ideologia “estremista”. Al contrario il garantismo non disconosce le regole poste alla base dello Stato di diritto che prevedono corrette forme di accertamento della responsabilità penale e di esecuzione della pena.

Sono precisazioni necessarie affinché non si cada nell'equivoco di erronei parallelismi tra l’idea di garantismo e quella di giustizialismo. Sarebbe infatti sbagliato porre i due termini sullo stesso piano, dando loro eguale valore di “estremismo” giuridico e sociale. Chi è per le garanzie è semplicemente per la democrazia solidale, per uno Stato giusto, sempre e prima di tutto con i deboli, e non vendicatore; per uno Stato responsabile e autorevole, piuttosto che paternalistico e autoritario.

Il pretendere che il processo sia giusto, che la custodia cautelare uno strumento eccezionale, che la pena sia tesa al recupero del reo non significa che chi sbaglia non debba essere giudicato, o che non debba pagare. Significa che chiunque si trovi al centro di un accertamento giudiziario non vada considerato solo per questo colpevole. Non a caso l’art. 27 della Costituzione parla di presunzione di non colpevolezza e non di innocenza.

Non un sofisma: bensì il fatto che la nostra Carta esclude che si possa essere sottoposti a indagini in mancanza di qualsivoglia “traccia” ( indizio) di colpevolezza, dunque da innocenti certi, e allo stesso modo escluda che basti la “traccia” per poter considerare qualcuno colpevole. A ben vedere si tratta di un chiaro esempio di civiltà giuridica. Non basta. Per garantire che l’accertamento rispetti il principio di non colpevolezza è necessario che esso si svolga secondo regole che garantiscano l’esercizio della Difesa: che non è modalità per sfuggire alle responsabilità bensì strumento per evitare innanzitutto la condanna, questa volta si, di un innocente. E che l’eventuale pena, se accertata, sia commisurata al caso specifico e non dettata al primitivo richiamo della legge del “taglione”.

Ancora. Va sottolineato che garantismo non significa essere contro la “certezza della pena”. Significa invece che alla pena debba giungersi con tutte le cautele del caso ( processo giusto) e che la stessa non debba essere considerata come forma di vendetta dello Stato bensì come corretta sanzione per il disvalore comportamentale accertato nel caso concreto e che, ancora, debba essere anche strumento di recupero del reo alla società.

Significa che lo Stato non deve mai rischiare di comportarsi come o peggio di chi viene giudicato colpevole, infliggendo e facendo scontare condanne inumane in situazioni contrarie alla dignità della persona. Questo è un grande sforzo di civiltà, spesso considerato impopolare. Bene: direi “giustamente” impopolare poiché di segno opposto rispetto a quelle che sono le inevitabili reazioni emotive, assolutamente comprensibili, di fronte a fatti gravi e inescusabili. Ci vuole senso di responsabilità perché è comunicativamente molto suggestivo affermare che tutti i politici siano ladri, o i pubblici amministratori corruttibili e gli imprenditori corruttori, o che la custodia cautelare possa essere usata come strumento per ottenere la confessione, o che il carcere vada tradotto con il termine galera e il verbo espiare con quello di marcire, e così via.

Il fatto è che alle radici del garantismo vi è il sistema dialettico, che poi è il principio che applicato al sociale promuove il rispetto reciproco delle diverse idee e l’importanza di argomentarle, contro la scorciatoia, assai pericolosa, del linguaggio d’odio e della individuazione costante di nemici da abbattere e delegittimare, negandosi così che, democraticamente, la si possa pensare diversamente spiegandone il motivo. E allora si capisce che il garantismo è una idea di Società prima che di processo, una idea che pone al centro il dubbio, la dialettica, il rispetto del prossimo e delle idee altrui, e anche il rispetto delle diverse professionalità, sia quella del pubblico amministratore, del politico, dell’avvocato, del magistrato, del giornalista.