È fuorviante leggere la vicenda del “licenziamento” del sottosegretario leghista Armando Siri con gli occhiali della contrapposizione tra garantismo e giustizialismo. Non perché quegli aspetti non ci siano: al contrario, l’intreccio perverso tra politica- giustizia- informazione è scattato puntuale come sempre. Quanto perché la dimensione di analisi più propria riguarda i rapporti di forza all’interno della maggioranza e il ruolo che in quest’ambito prova a ritagliarsi il presidente del Consiglio. E’ incontestabile che nel primo anno di governo gialloverde Matteo Salvini abbia via via assunto un profilo così forte da oscurare gli altri due. Un consenso prima mediatico, poi politico e infine anche elettorale, stando ai risultati delle tornate amministrative ed in attesa del voto europeo di fine mese, a cui finora nulla sembrava in grado di opporsi. Il tutto a dispetto dei numeri del 4 marzo 2018 che avevano consegnato all’M5S un pacchetto di voti grande circa il doppio di quello del Carroccio.

Il fatto che i Cinquestelle stiano cercando di recuperare spazi di manovra a discapito dell’alleato “cannibalizzante” e abbiano scelto di farlo su un terreno per loro fortemente identitario è fin troppo logico. Sorprendente è sorprendersi: l’anomalia, chiamiamola così, era quella di prima; non certo l’affondo di adesso. Ora Salvini farà la crisi? Forse. Ma forse no. Il suo paniere si è nutrito dello scontro con gli immigrati: bersaglio facilissimo e indifeso. Sul fronte economico, che è quello che sta maggiormente a cuore all’elettorato leghista, i risultati invece scarseggiano. Andare al voto col rischio di ritrovarsi certamente più forte ma altrettanto certamente più isolato, avendo contro il pezzo di Paese che un anno fa assieme a lui è stato premiato in quanto più “innovativo” e che a quel punto non avrebbe altra scelta che salire sulle barricate, e infine dover procedere ( con chi: con FI, con la Meloni?) con il fardello di una manovra economica lacrime e sangue, minaccia di trasformarsi un boomerang. Anche continuare con l’attuale alleanza, posto che sia possibile, comporta prezzi da pagare.

Ma la politica non è una marcia trionfale: piuttosto l’abilità di sapere sfruttare volgendoli a proprio vantaggio le torsioni della realtà. Sapendolo fare, si ottengono forti soddisfazioni. Altrimenti si abbozza.