Il caso Siri non è chiuso. Deve ancora andare in scena l'ultimo atto, sul palcoscenico del cdm che si riunirà l' 8 o il 9 maggio, e sarà solo dopo quell'epilogo che si potranno fare i conti politico di una vicenda che ha comunque squassato la maggioranza e scoprire come il fattaccio sia destinato a cambiare gli equilibri all'interno della stessa.

Il presidente del consiglio ha cercato di giocarsi la partita di fino. Ha obbedito a Di Maio ed evidentemente non poteva fare altro, avendo il leader dei 5S talmente caricato di valenze complessive le dimissioni del sottosegretario Siri da non poter accettare esito diverso. Conte, che non è nato ieri, ne era perfettamente consapevole e si è adeguato, tanto più che lui stesso viene dalle file dell'M5S. Però lo ha fatto assumendo una posizione non certo equidistante, cosa peraltro impossibile, ma autonoma. Pur dando nei fatti piena soddisfazione a Di Maio, ha smentito l'assunto teorico del Movimento, secondo cui l'iscrizione nel registro degli indagati imporrebbe di per sé le dimissioni dal governo. Ha quindi cercato di separare la valutazione giuridica da quella politica, impugnando solo quest'ultima per giustificare le dimissioni ' necessarie ed opportune'. Siri, ha detto, si deve dimettere perché l'emendamento che aveva proposto andava a vantaggio di alcuni e non di tutti. A rigor di logica, dunque, neppure un eventuale proscioglimento giudiziario del sottosegretario permetterebbe il reintegro, essendo la sua cacciata dovuta a una mossa politica, cioè la proposta dell'emendamento a favore dell'imprenditore Arata, e non alle sue più o meno limpide motivazioni. E' una posizione molto diversa da quella assunta dal Di Maio che prometteva immediato reintegro in caso di mancato rinvio a giudizio.

Conte sa stare al mondo. E' il primo a rendersi conto di dover rispondere prima di tutti al partito che lo ha indicato e insediato come premier. Le sottigliezze e i distinguo squadernati nella conferenza stampa in cui ha emesso il verdetto a carico di Siri, però, confermano che sempre di più l'inquilino di palazzo Chigi intende allargare il proprio spazio. La durezza del suo intervento indica invece la decisione, già palesata altre volte nelle ultime settimane però mai così apertamente, di affrontare direttamente il vicepremier leghista che sin qui gli ha rubato la parte. Se Di Maio ha scelto di puntare sulla contrapposizione frontale perché aveva bisogno di una vittoria in campo aperto per lavare l'onta del voto contro l'autorizzazione a procedere per Salvini sul caso Diciotti, Conte ha scelto di rincarare la dose per riequilibrare a proprio favore i rapporti di forza con Salvini.

L'esito finale della vicenda dipende ora tutto dalla replica del leader leghista. Le sue oscillazioni dopo l'affondo di Conte, in bilico tra linea dura ( «Conte mi dovrà spiegare» ) e rassicurazioni ( «E' una vicenda locale che non incide sul governo» ) indicano che la decisione ancora non è stata presa. Di certo Salvini non aprirà formalmente la crisi. Non con le elezioni europee dietro l'angolo. Non su un terreno scomodo e scivoloso come una vicenda di corruzione. Il ventaglio di possibilità a sua disposizione è ugualmente largo. Il capo della Lega potrebbe chiedere a Siri di dimettersi prima della riunione del cdm, fingere di accettare una decisione ' spontanea' del sottosegretario e poi passare all'attacco, subito dopo le elezioni, su un terreno a lui più favorevole e sul quale una eventuale crisi sarebbe compresa dal suo elettorato: la Flat Tax. E la mossa in un certo senso più ovvia e quella che le insistenti dichiarazioni del leader leghista, che battono proprio sulla Flat Tax, accredita come la più probabile. In questo caso lo scontro con Conte, che sulla Flat Tax ha già sfidato Salvini mostrandosi molto tiepido, sarebbe rinviato ma solo di qualche settimana.

La Lega potrebbe però arrivare al cdm senza far dimettere Siri, per discutere strenuamente in quella sede la decisione di Conte salvo uniformarsi al momento del voto, pur segnalando il dissenso, per ' disciplina di governo'. Si tratterebbe di una sorta di ' incoronazione' di Conte, di fatto di un riconoscimento fragoroso del suo ruolo di premier. Ma sarebbe anche un modo di sottrarlo almeno in parte, fornendogli sponda e riconoscimento, al condizionamento dell'M5S. La Lega chiederebbe comunque di procedere subito sulla Flat Tax ma offrendo a Conte la possibilità di muoversi di concerto invece che in contrasto in cambio del riconoscimento della sua premiership.

Ma se invece i ministri leghisti non si presentassero al cdm che dovrà ufficializzare il dimissionamento di Siri oppure chiedessero il voto bocciando la proposta di dimissioni messa sul tavolo da Siri, la crisi sarebbe di fatto aperta pur se non conclamata.