Chi sono io per giudicare? Io, un cristiano pieno di dubbi, di incertezze, di incongruenze, non ho alcun titolo per giudicare un Papa, però a Papa Francesco vorrei comunque scrivere, senza polemica alcuna, pronto a riconoscere i suoi tanti meriti in ogni campo a cominciare dal volere un necessario rinnovamento nella Chiesa denunciando le sue tante mancanze morali e svolgendo un compito pieno di difficoltà. Credo che molti cristiani come me si interroghino sul perché di una nostra società sempre più lontana dalla religione – soprattutto quella cristiana e cattolica – nelle sue forme esteriori ma al tempo stesso anche di quanto spesso sembri sempre più lontana la nostra stessa Chiesa dalle realtà quotidiane pur cercando di correre dietro ( fin troppo) al “politicamente corretto”.

L’importante figura del Papa non l’ho mai intesa come qualcuno che ordini: piuttosto come quella di un pastore che faccia riflettere, che sia da esempio e che da “padre” parli ai tanti suoi figli dispersi nel mondo. Per questo sono sconcertato da alcuni aspetti che mi sembrano diventati il cardine di un messaggio cristiano e che invece sono solo un aspetto di una realtà che però ha anche altre priorità.

Alludo alle problematiche dei cristiani che soffrono e a quella dei “migranti” che sembrano diventati l’essenza di questo pontificato.

Parliamoci chiaro: il cristianesimo è innanzitutto amore verso il prossimo e quindi anche accoglienza dello straniero, un dovere da compiere e su questo non si può transigere. Ma - proprio per poter aiutare in modo concreto ed utile servono regole, organizzazione, priorità, chiarezze o alla fine si creano situazioni insostenibili.

E qui si apre una dei due aspetti principali dei miei dubbi. Per esempio il fatto che vengano considerati “prima” i migranti, ma non tanto rispetto agli italiani quanto ai loro stessi fratelli che restano a soffrire a casa loro: dimenticati, poveri ed oppressi. Ho scritto un libro su questo: non si può affrontare ogni giorno e in ogni omelia il problema creato dall’ultimo anello della catena ( i migranti sui barconi) senza affrontare mai quello iniziale ovvero i governi corrotti, violenti, incapaci, discriminatori, razzisti che creano le condizioni della schiavitù e quindi dell’esodo. Se la Chiesa vuole essere autorevole perché non impone attenzione al mondo prima di tutto sulla radice del problema? Perché - come ha sostenuto Papa Francesco nella Via Crucis del venerdì santo - se si entra nel merito e nel dettaglio di chi “chiude le frontiere per interessi politici” ( e quindi entrando di fatto nelle questioni politiche italiane) non si denuncia allora con esempi concreti anche chi distrugge il mondo, assoggetta continenti, sfrutta le risorse dei popoli e li spinge ad emigrare?

Mi riferisco alla Cina – ad esempio – verso la quale sembra esserci una acquiescenza ed estrema tolleranza globale, ma anche i tanti governi verso i quali c’è troppo silenzio e complicità.

Il secondo aspetto è che la Chiesa non è e non deve essere solo “assistenza sociale” ma prima di tutto una comunità di credenti e quindi - nella fraternità e nell’accoglienza, senza discriminazioni - avrebbe però anche il dovere di denunciare i soprusi, le atrocità, le ingiustizie che nel mondo soffrono i componenti della nostra stessa comunità cristiana perché il senso di appartenenza è il collante di ogni comunità, la forza interiore che spinge al sacrificio, all’aiuto, alla solidarietà.

In questo senso mi sembra che la Chiesa cattolica abbia in questi ultimi anni spesso abdicato al suo ruolo, quasi paurosa di denunciare chiaramente le responsabilità degli estremisti di altre religioni, a cominciare da quella islamica. Penso alla Chiesa che soffre in tantissimi paesi del mondo, alle sofferenze dimenticate di troppi nostri fratelli in Cristo, alle persecuzioni politiche, religiose e sociali.

In questo credo che il Papa dovrebbe essere più incisivo, autorevole, deciso. Questa Pasqua è stata contrassegnata dai morti cristiani in Sri Lanka, ma avvenne lo stesso l’anno scorso con i copti in Egitto e le tremende esplosioni in Pakistan - sempre a Pasqua - tre anni fa. Sono i martiri cristiani di oggi ( quasi sempre vittime di estremisti islamici, ma sembra non sia di moda dirlo) per i quali nella Via Crucis mi aspettavo almeno un ricordo perché sono tantissimi, troppi. Mi sembra che negli ultimi decenni si sia perso progressivamente il senso missionario, la carica emotiva della volontà di spiegare ad altri fratelli il senso del Vangelo.

Una Chiesa che perde queste caratteristiche non cresce, si chiude in sé stessa, non ha carica vitale ed è con tanta tristezza che vedo le nostre chiese semivuote, abbandonate senza più sacerdoti giovani, relegata ai margini della società.