Giorni fa, un po' scherzosamente e un po' no, intrigato da interviste del premier Conte e, in particolare, del ministro Tria i quali, mentre sui media Salvini e Di Maio se le davano di santa ragione, sostenevano che invece nelle riunioni del Consiglio dei ministri tutto filava liscio e tranquillo, avevamo scritto: per favore, se dovete litigare fatelo a palazzo Chigi, è quello il luogo giusto istituzionalmente. Siamo stati accontentati: l’altro ieri c’è stato un Cdm pieno di tensioni e polemiche, con battibecchi che avrebbero coinvolto sia Conte che Salvini. Di Maio no, è arrivato dopo. Uno spettacolo non propriamente esaltante. A farne le spese è stato il decreto SalvaRoma ma la realtà è che tutta l’azione di governo appare bloccata. Con una battuta si potrebbe dire che dal “salvo intese” si è passati al “senza intese”. Da provvedimenti approvati solo per la copertina siamo arrivati a misure che arrivano in Parlamento prive della necessaria copertura politica.

In tanti - e noi da tempo - si domandano che modo di governare uno dei Paesi più importanti del mondo sia questo; e le risposte latitano. Scompaiono del tutto quando la domanda riguarda un possibile dopo: dopo le elezioni europee, dopo le eventuali urne politiche, dopo l'estate e l'arrivo della legge di bilancio. Al dopo non ci pensa nessuno perché un dopo non c’è, è stato cancellato. La politica vive solo nella dittatura del presente. Come se non esistesse un domani.

Impossibile evitare un sentimento di inquietudine e di scoramento pensando che tutto questo accade oggi, 25 aprile. Una ricorrenza che celebra la Liberazione dell'Italia dal nazifascismo. Un momento di riunificazione che invece nel corso degli anni è diventato divisivo. Noi restiamo con quelli, pochi o tanti che fossero, che hanno preso le armi e sacrificato la loro vita per sconfiggere la dittatura. Ecco. Siamo un Paese che non riesce a trovare la necessaria compattezza di governo per affrontare le sfide che l’attualità ci pone. E nel quale neppure si riesce ad avere una memoria condivisa del nostro percorso di Nazione. Allora la vera domanda diventa: ma un Paese diviso nel presente e nel passato, quale futuro può avere?