Salvini e Di Maio litigano su tutto e adesso c’è anche la Libia, i porti da tenere aperti invece che chiusi, lo scontro su Roma e la giunta Raggi. «Scusi, ma lei che è ministro della Salute e anche medico, non potrebbe prescrivere un sedativo ai vicepremier così si calmano e anche il presidente Conte sarà più contento?». Giulia Grillo sorride. Ma non di condiscendenza. «Di Maio e Salvini sono due leader politici e per definizione i leader politici vanno a mille 24 ore al giorno. Fa parte della loro natura e dei loro compiti presidiare i rispettivi campi. E’ la legittima rivendicazione delle prerogative di capi politici oltre che vicepremier».

Ma non è proprio questo il problema? Come si fa se a comandare sono in due? E questo duello infinito non diventa stucchevole?

Per quello che ne so io, il rapporto personale tra i due è ottimo, di grande rispetto reciproco. Entrambi non fanno mistero di capeggiare forze politiche diverse con una competitività che è nelle cose. Soprattutto in una fase elettorale come l’attuale».

E tutto questo, ministro, dove porta?

Se questa convivenza, a volte difficile, possa o no sfociare in uno strappo non lo so. Finora ho visto due leader capaci di fermarsi un attimo prima della rottura. Li ritengo entrambi persone responsabili, consapevoli di quanto sia importante portare avanti il Contratto di governo in un contesto economico interno e internazionale complicato. Con una presidenza della Repubblica che giustamente pretende garanzie di stabilità e unità. Tutto questo spinge a comprimere una situazione che in altre circostanze potrebbe esplodere.

Esploderà dopo le elezioni europee, ministro?

Guardi, più che le loro intenzioni sono le fibrillazioni interne alle due forze politiche che accrescono le tensioni. Del resto nessun governo durerebbe se dovesse essere messo ogni volta a rischio da elezioni che non sono politiche. I numeri in Parlamento resteranno gli stessi anche dopo il 26 maggio.

In tanti pensano, o addirittura auspicano il contrario, convinti di trarne vantaggio.

Allora mi faccia dire una cosa con chiarezza. Non credo che due leader responsabili, in una situazione economica come l’attuale, se dovessero provocare la crisi sarebbero premiati dagli elettori. Dico entrambi, non l’uno a vantaggio dell’altro. Dopo la legge di Bilancio 2020 si vedrà.

Però proprio lei ha denunciato spinte estremistiche della Lega, per esempio al convegno di Verona sulla famiglia...

Vero, certe volte non mi trovo d’accordo. Io non ho alcun tipo di ideologia. Non mi ritrovo nelle estremizzazioni di destra come in quelle di sinistra, tipo il buonismo sull’immigrazione.

Ministro, milioni di italiani non hanno i soldi per curarsi. Basta il reddito di cittadinanza o serve altro?

Il reddito deve essere verificato, lo vedremo. E’ vero che molti anziani pagano ticket fino a 3- 400 euro. Il mio obiettivo è intervenire ancor più di quanto già si faccia su queste categorie di persone. Aiutandoli anche nella fase delle diagnosi.

L’abolizione del superticket è una fake news?

E’ un nostro obietivo, lo ha detto anche Di Maio. Trovare le coperture non è semplice. La sanità è una cosa che interessa tutti ma politicamente è sempre faticoso recuperare risorse.

E accorciare i tempi delle liste di attesa: roba da libro dei sogni?

Tutto quello che il mio ministero poteva fare l’ha fatto. E’ stato istituito un numero telefonico di pubblica utilità, il 1500, per segnalare disservizi. Abbiamo istituito per la prima volta un fondo nazionale di 350 milioni per la digitalizzazione delle prenotazioni per sveltire i tempi.

E poi la cosa più importante: il nuovo piano nazionale di per le liste di attesa che consiste in una serie di azioni che le Regioni devono attuare per smaltire le liste. Con l’aggiunta del parziale sblocco delle assunzioni del personale. Ovviamente la mia azione si ferma laddove comincia quella delle Regioni. L’importante è lavorare in sinergia.

A proposito di personale. In Molise hanno dovuto richiamare i medici in pensione per colmare le carenze. Non un bella cosa, le pare?

Per formare uno specialista ci vogliono cinque anni. Se i miei predecessori ci avessero pensato, non saremmo in questa situazione.