Il tentativo di buttare acqua sul fuoco delle polemiche è durato meno di qualche minuto. Appena iniziato il Congresso delle famiglie ha chiarito il suo intento: mettere in discussione alcune delle più importati conquiste fatte dalle donne nel secondo Novecento. Massimo Gandolfini, leader della family day, lo ha chiarito: «Laborto è un omicidio, e la 194 non aiuta». E a supportare la sua idea ci hanno pensato gli organizzatori distribuendo come gadget un feto di gomma. Difficile in questo clima e con queste battute che il movimento femminista non scenda oggi in piazza e non provi a dire la sua. Non si manifesta per censurare le posizioni di chi partecipa al congresso. Sono due opposte visioni del mondo, entrambe legittime, ma con una differenza sostanziale: chi si riunisce a Verona vorrebbe imporre la propria visione della vita e della famiglia anche agli altri - vedi lattacco alla 194; chi manifesta è invece per la pluralità delle famiglie, perché tutti e tutte - anche quelli che partecipano al family day - abbiano gli stessi diritti. È una differenza sostanziale, la differenza che traccia il confine tra Stato laico e Stato etico. Ci sono diversi punti che non convincono dei ragionamenti proposti dai partecipanti che difendono la famiglia tradizionale. Molti di loro insistono nel dire che il vero obiettivo è chiedere più aiuti per la famiglia, per i figli, per le donne che lavorano. Ma perché questo discorso non può essere esteso anche agli uomini che lavorano e a tutte le famiglie, anche a quelle composte da due uomini o da due donne o alle famiglie monogenitoriali per scelta? In che modo i diritti degli uni contrastano con quelli degli altri? La battaglia è quindi tutta ideologica per affermare una idea di mondo in cui non cè spazio per le unioni civili, per linterruzione di gravidanza e in generale per lautodeterminazione della donna. Non ci si può non preoccupare, non fare un salto sulla sedia pensando a quante lotte, quante battaglie politiche, quante sedute in Parlamento sono state fatte per arrivare ad alcuni principi che oggi si vorrebbe spazzare via. In questo senso, si ha paura di un ritorno indietro, visto che la principale forza di governo partecipa con diversi suoi esponenti allappuntamento scaligero. I sostenitori della famiglia tradizionale per avvalorare la loro idea si richiamano allarticolo 29 della Costituzione là dove si dice che «la Repubblica riconosce i diritti della famiglia come società naturale fondata sul matrimonio». Ma per società naturale, i padri e le madri costituenti non intendevano lesclusivo rapporto uomo donna ai fini procreativi. Era una idea di famiglia e di società che voleva mettere le radici nella libertà, dopo il terribile ventennio della dittatura e dellorrore della seconda guerra mondiale. Luguaglianza e la libertà sono principi cardine della nostra Carta che, in decenni e decenni di lotte, il movimento femminista e quello gay, lesbico e trans sono riusciti a portare dentro lo Stato di diritto. Preoccupa invece lidea di natura che avanzano i sostenitori della famiglia tradizionale. Per loro natura coincide con verità, una verità unica, una verità che vorrebbero imporre per legge. Non preoccupano solo le loro idee, preoccupa che queste idee possano diventare obbligo, imposizione, norma, normalizzazione di comportamenti e relazioni. Oggi per le strade di Verona si vedranno molte donne vestite con una tunica rossa e un cappellino bianco in testa. È una divisa tratta dalla serie tv Il racconto dellancella dal romanzo di Margaret Atwood in cui si racconta di un regime dispotico che prende il potere. Le donne o sono le mogli di chi comanda o ( la maggior parte) sono ancelle rese schiave e utilizzate per procreare. Non sono esseri umani: sono corpi da violentare, incubatrici a cui si chiede di continuare la specie. È un romanzo distopico, che immagine il futuro. Ma la scrittrice canadese si è ispirata alla realtà: a tutti quei movimenti che vogliono ricacciare le donne a casa, che vogliono ledere lautodeterminazione, che attaccano linterruzione di gravidanza, che considerano lomosessualità una malattia. Romanzo e realtà: in ogni caso un incubo.