Se n’è parlato talmente tanto con toni iperbolici che i contenuti reali della legge hanno subito un vero e proprio oscuramento. La legittima difesa è diventata un must dei retroscena, ma in fondo è stata poco scandagliata nelle modifiche effettivamente previste. Oggi arriverà il via libera definitivo. Sarà l’aula di Palazzo Madama a pronunciarlo, in capo a una lettura finale senza scossoni. «È una riforma complessa», osserva il presidente della commissione Giustizia del Senato Andrea Ostellari, leghista e tra i “padri” del provvedimento, di cui è anche relatore. «È il frutto della sintesi fra diversi disegni di legge e della condivisione all’interno della maggioranza, che ha lavorato compatta sia al Senato che alla Camera», aggiunge. Dopo che il testo era sembrato oggetto di un virtuale tiro alla fune con i cinquestelle, alla prova dei fatti l’esame si chiuderà in modo pacifico.

SPESE RIMBORSATE A CHI È PROSCIOLTO

Sullo stesso supplemento di discussione affrontato dal Parlamento si è ricamato senza motivo, visto che l’ulteriore passaggio a Palazzo Madama è stato provocato solo da una questione contabile: la necessità di stabilire con esattezza lo stanziamento per le spese di giustizia da rimborsare a chi sarà indagato e poi prosciolto per eccesso colposo di legittima difesa. Il ristoro dei costi sostenuti per difendersi in questo genere di procedimenti è stato oggetto di critiche sia da parte dell’Anm che delle istituzioni e associazioni forensi, visto che non è previsto per altre scriminanti e rischia dunque di creare disparità potenzialmente incostituzionali. In ogni caso per il triennio 2019- 2021 sono disponibili 590mila euro da destinare al patrocinio a spese dello Stato per le persone indagate per eccesso colposo e riconosciute appunto innocenti.

IL «PERICOLO» RESTA REQUISITO CHIAVE

Ma il cuore del provvedimento è nei suoi primi due articoli, che intervengono rispettivamente sugli articoli 52 e 55 del codice penale. Nel primo caso la novità è in un quarto comma aggiunto alle disposizioni integrate con la riforma del 2006. Già oggi è sancito che «il rapporto di proporzione» tra «difesa» e «offesa» sussiste se chi è aggredito in casa, nel proprio negozio o ufficio «usa un’arma legittimamente detenuta o altro mezzo idoneo al fine di difendere la propria o altrui incolumità» o anche «i beni propri o altrui, quando non vi è desistenza e vi è pericolo d'aggressione». Si tratta di norme di dettaglio che proprio la Lega aveva voluto nel 2006. Previsioni che precisano il principio cardine della legittima difesa, contenuto nel primo comma, “vecchio” di quasi novant’anni, in cui i requisiti affinché la «difesa» da un’aggressione possa essere «legittima» sono la necessità della reazione e l’attualità del pericolo. Adesso quella particolare definizione di pericolo ridefinita tredici anni fa per chi è aggredito nel proprio domicilio viene ancor più specificata con quel quarto comma aggiunto all’articolo 52: «Nei casi di cui al secondo e al terzo comma agisce sempre in stato di legittima difesa colui che compie un atto per respingere l’intrusione posta in essere con violenza o minaccia di uso di armi o di altri mezzi di coazione fisica, da parte di una o più persone» . Il punto è che se un’intrusione avviene con «violenza», è abbastanza scontato che chi subisce quell’intrusione si senta in pericolo, e visto che il «pericolo di un’offesa ingiusta» è, dal 1930, il presupposto della legittima difesa, non si fa altro che inquadrare in una cornice più chiara i casi in cui ci si difende in casa propria. Stesso discorso vale per la norma che sancisce come legittima la difesa di chi è minacciato: la minaccia crea una oggettiva ed evidente situazione di pericolo, dunque anche in questo caso si tratta di precisare più che allagare a dismisura. Non a caso l’obiettivo reale della lega non è quello di impedire che chi ferisce o uccide l’aggressore non venga neppure indagato, ma che la maggiore facilità nel ricondurre alla norma il caso concreto consenta alla difesa dell’indagato di ottenere il proscioglimento in tempi brevi e di evitare con maggiore probabilità il rinvio a giudizio.

LA “NON PUNIBILTÀ” IN CASO DI TURBAMENTO

Il secondo articolo della riforma che oggi sarà definitivamente approvata regola i casi in cui la persona aggredita eccede i limiti della legittima difesa previsti dall’articolo 52. Una fattispecie che attualmente è regolata dall’articolo 55, integrato ora con un secondo comma in cui si stabilisce che chi è aggredito nella propria casa o negozio ed eccede nella reazione non è punibile se ha comunque agito «per la salvaguardia della propria o altrui incolumità» e si è trovato o in stato di minorata difesa - per esempio se l’aggressione è avvenuta in condizioni di «tempo tali da ostacolare la difesa» ; oppure si è trovato «in stato di grave turbamento, derivante dalla situazione di pericolo in atto» . Anche qui le precisazioni rimandano sempre e comunque a un requisito: che la percezione di trovarsi in pericolo ci sia. Si limitano a escludere la punibilità di chi eccede nel valutarne l’entità, ma sempre quando le circostanze possano generare uno particolare stato emotivo. “Scriminanti” già riconosciute come tali nella giurisprudenza, e che ora diventano norme. Non una rivoluzione ma un affinamento. Che certo non meritava il mare di polemiche da cui è stato accompagnato.