Non si può accettare in silenzio la condanna feroce e folle dell’avvocata Nasrin Sotoudeh. Un tribunale iraniano ha deciso che dovrà ricevere un numero spaventoso di frustate, 148, e poi passare 38 anni, e cioè, ragionevolmente, il resto della sua vita, in una cella. Il tribunale l'accusa di tradimento e di istigazione alla prostituzione. Il tradimento consiste nell’avere difeso alcuni oppositori politici. L’incitamento alla prostituzione nell’aver difeso delle donne che non avevano messo il velo. È evidente che si tratta di una vera e propria infamia commessa da uno Stato che considera il diritto carta straccia. È il trionfo del peggior Stato etico sullo Stato di diritto. Gli intellettuali, i giornali, i partiti, il governo italiano, hanno il dovere democratico di muoversi. Di fare pressioni su Teheran. Di far sentire le propria voce. Per ora si sono sentite poche voci. Cioè quelle dell’Organismo Congressuale Forense (Ocf), che hanno inviato una richiesta formale ai Ministri di Esteri e Giustizia, Enzo Moavero Milanesi e Alfonso Bonafede chiedendo che il governo italiano si mobiliti con vigore per salvare l’avvocata Nasrin Sotoudeh.

«Sotoudeh è il più famoso Avvocato al mondo per i diritti umani, è stato il braccio destro del premio Nobel per la pace Shirin Ebadi, ha vinto il premio Sakharov per la libertà di pensiero del Parlamento Europeo nel 2012. Ha difeso giornalisti attivisti, intellettuali e dissidenti, vittime di violenza domestica e minori, in casi giudiziari sensibili, di cui ben pochi avrebbero accettato di occuparsi al suo posto», si legge nella lettera dell’Ocf.

Che poi chiede formalmente ai nostri ministri di «prendere posizione facendo valere i principi ineliminabili di Libertà e Democrazia frutto delle nostre conquiste di civiltà giuridica e sociale, nei confronti di questa condanna oltraggiosa richiamando, l'attenzione verso i pericoli che, quotidianamente, gli Avvocati di tutto il mondo corrono nell’esercizio della loro professione a tutela e presidio dei diritti umani, con particolare attenzione ai più deboli».

Gli avvocati italiani evidenziano come la repressione subita da Nasrin sia strettamente connessa alla sua professione che, in un regime teocratico come quello degli ayatollah, è quasi una professione di fede, di fede nel diritto e nel rispetto delle libertà inalienabili della persona. Fare l’avvocato a Teheran, dove puoi finire alla sbarra solo per aver bevuto una birra esserti tolta il velo o aver espresso un critica nei confronti del governo è come essere in un trincea di una guerra che non puoi vincere.

«Da anni Nasrin Sotoudeh è vittima di una vera e propria persecuzione giudiziaria da parte del regime iraniano, per il semplice fatto di aver difeso i diritti umani in un contesto sempre più ostile al loro pieno riconoscimento, nonché per aver sfidato le degradanti leggi sull’obbligo del velo», continua l’Ocf, sottolineando come il suo caso «è solo la punta di un iceberg di un fenomeno sempre più incessante nel Mondo, dove gli Avvocati, trovandosi in prima linea nella loro opera di salvaguardia dei diritti, vengono costantemente colpiti nel tentativo posto in essere da alcuni regimi di eliminare ogni impedimento all’esercizio di un potere sempre più assoluto comprimendo a tal fine i diritti civili fondamentali e la libertà di espressione e di dissenso»