Stava lì da 71 anni, era la scritta più antica a campeggiare sui muri di Roma, praticamente un reperto archeologico: “Vota Garibaldi, Lista N. 1”.

L’avevano vergata a via Basilio Brollo (quartiere storico della Garbatella) i militanti del Fronte popolare durante la campagna elettorale del 1948 che li vedeva opposti alla Democrazia cristiana di Alcide De Gasperi.

All’epoca la coalizione tra socialisti e comunisti scelse come simbolo proprio il volto di Giuseppe Garibaldi. Erano strafavoriti ma, allora non esistevano i sondaggi e alla fine vennero travolti da una valanga di voti moderati, dalla maggioranza silenziosa che, impaurita dal “pericolo rosso”, affidò allo scudo crociato il timone della nave repubblicana.

Da ieri quella scritta non c’è più, due braccia nerborute dell’ “Ufficio di coordinamento per il decoro urbano” (Simu), regia unica Virgina Raggi. L’hanno sepolta con un tratto di vernice giallognola, un gesto grossolano quanto inconsapevole. E dire che nel corso degli anni era stata restaurata, l’ultima volta nel 2004 dai docenti e dagli allievi della scuola comunale "Arti Ornamentali". E le avevano persino affiancato una targa commemorativa proprio per segnalare che non si trattava di una normale scritta di strada. Per gli abitanti della Garbatella poi era parte del paesaggio come i vecchi lotti, le sette chiese o il teatro Palladium, e, per intere generazioni, anche un luogo di appuntamento: «Ci vediamo sotto la scritta di Garibaldi!».

Per quanto sembri assurdo è probabile che chi l’ha cancellata non volesse offendere la memoria di nessuno, che quello sfregio non sia stato un gesto politico, ma solamente il riflesso condizionato di chi non sa distinguere un murale di bassa lega da un cimelio storico.

Un po’ come quei turisti oversize in calzoncini corti che banchettano tra i monumenti delle città d’arte e poggiano le loro chiappone sulle rovine dei parchi archeologici, sporcando e deteriorando tutto ciò che incontrano. Mica lo fanno apposta, che colpa ne hanno se ai loro occhi un anfiteatro romano gli appare come uno stadio di football solo un po’ più decrepito?

Un errore in buona fede, ma in molti casi la buonafede è un’aggravante. E in questo genere letterario la giunta capitolina non sembra davvero avere rivali.

L’ottusa ideologia del “decoro” non può quindi che inciampare goffamente nel suo opposto: il vandalico. E cosa c’è di più vandalico della distruzione di un reperto storico? In questo gioco dei rovesci si intravede tutta la violenza della mentalità piccolo borghese che, in nome della decenza, calpesta senza cognizione un patrimonio che appartiene a tutti.

L’ignoranza della storia dei luoghi da parte di chi crede di amministrare una metropoli stratificata e millenaria come se fosse il sindaco di Cernusco sul Naviglio non può che produrre questi esiti grotteschi. E così parti lancia in resta pensando di essere qualcuno che ha veramente a cuore l’arte e la bellezza della tua città e finisci per ritrovarti a essere un hooligan a tua insaputa.