È arrivato nel tribunale federale della Virginia in sedia a rotelle, con indosso a divisa verde da carcerato. Paul Manafort, l’ex manager della campagna elettorale di Donald Trump, ha ascoltato così la sua sentenza di condanna: i procuratori avevano raccomandato tra 19 e 25 anni di carcere, la giudice federale della Virginia, T. S. Ellis, ha definito la richiesta «eccessiva» e lo ha condannato a condannato a 3 anni e 11 mesi, oltre alla restituzione al governo americano 6 milioni di dollari e al pagamento di una multa da 50.000 dollari. Dopo aver scontato la pena, dovrà restare in libertà vigilata per altri tre anni.

L’ex manager era stato giudicato colpevole di otto capi di accusa lo scorso agosto, compresi frode bancaria e fiscale legate al lavoro di consulenza che ha svolto in Ucraina in favore di forze politiche pro- Russia. Il rinvio a giudizio era scattato nell’ambito delle indagini sul Russiagate. Il prossimo 13 marzo, inoltre, è attesa la seconda sentenza per Manafort, per un caso separato di cospirazione e intralcio alla giustizia a Washington Dc. Per evitare un secondo processo si è dichiarato colpevole e ha patteggiato e rischia un massimo di 10 anni.

Immediata, dopo la sentenza, è arrivata la replica via Twitter del presidente Trump: «Sia il giudice che l’avvocato nel caso di Paul Manafort hanno affermato a voce alta, perché tutto il mondo sentisse, che non c’è stata collusione con la Russia. Ma la caccia alle streghe continua».

La decisione della giudice di erogare una pena inferiore a quella chiesta dall’accusa, intanto, sta suscitando polemica in Usa: si trovano, insolitamente fianco a fianco, il “whistlebrlower” Edward Snowden e John Brennan, ex capo della Cia. «La tua sentenza dipende dalla tua vicinanza al potere», ha scritto su Twitter Snowden, oggi rifugiato in Russia, che ha paragonato la sentenza Manafort ai «35 anni a Manning per aver rivelato effettivi crimini di guerra alla stampa».

Brennan ha invece parlato di «sentenza straordinariamente lieve alla luce della dimensione ed estensione delle azioni criminali di Manafort. Credo ci dica di più sul giudice Ellis che su Manafort», ha poi aggiunto, riferendosi al fatto che si tratta di un giudice di orientamento repubblicano.