La recente affermazione di un Ministro, secondo il quale la fattispecie che prevede un trattamento sanzionatorio di minor gravità per le ipotesi di cessione di modiche quantità di stupefacenti ' è un aiuto prezioso per gli spacciatori... ( che) vengono arrestati e in serata sono già liberi', al di là della ruvidità, rivela un tratto che caratterizza le iniziative dell'attuale esecutivo, e si inserisce in un più ampio disegno che individua nel carcere il punto di approdo.

L'effetto ' tenaglia' ottenuto dal pressoché contestuale innalzamento generalizzato della cornice sanzionatoria di molti delitti, unitamente alla previsione di pene accessorie perpetue e all'aumento dei casi nei quali l'esecuzione della pena comporta l'immediata e indiscriminata carcerazione, o per i quali è impossibile il ricorso a misure alternative, costituisce l'epifenomeno di un progetto politico ormai nettamente delineato.

Abbandonate le sponde della prospettiva rieducativa, frainteso il concetto di certezza della pena - offerto al pubblico nella sua accezione gergale - il legislatore sembra superare ogni barriera per avviarsi verso una nuova meta che non solo istituisce il canone della retributività quale fine unico della sanzione, ma soprattutto ignora totalmente il senso di proporzione.

La strada intrapresa, che elegge la funzione di difesa sociale come preminente sul rispetto delle posizioni individuali, è destinata a confrontarsi con il quesito relativo ai vantaggi che una scelta siffatta consenta di ottenere: se essa giustifichi i danni all'individuo e ai suoi diritti fondamentali.

Se possa, per eterogenesi dei fini, determinare danni alla società in misura maggiore rispetto ai vantaggi ottenuti.

Perché, se eleggiamo l'esemplarità delle pene come parametro della sanzione e il ' marcire in carcere' come modalità esecutiva delle stesse, il quesito dovrà pur essere risolto.

Anche perché, a tacer d'altro, tale scelta, indifferente all'evoluzione del comune sentire giuridico, prima ancora che ai precetti fondamentali, sconta una scarsa memoria del panorama nel quale versavano gli istituti carcerari nazionali prima dell'intervento della legge Gozzini, e appare ignara dei dati statistici che hanno negli anni evidenziato come siano state proprio le misure risocializzanti a consentire il progressivo abbattimento della recidiva e minori costi per la società. L'irrazionalità delle scelte del nuovo corso trova - di tutta evidenza - quale unico scopo quello di dare attuazione a esigenze di giustizia assoluta, inesorabilmente tese a elidere qualsiasi interesse verso la futura vita del condannato, destinato all'oblio, se non ad una morte civile di fatto.

Pare lecito domandarsi, a questo punto, se gli interventi legislativi che assecondano l'aggressività espressa da una parte del sentimento popolare - forse veicolato e sollecitato da alcuni processi di coltivazione mediatica - rispettino il limite della discrezionalità o usino in modo distorto le prerogative istituite dall'articolo 25 della Costituzione, sconfinando nell'arbitrio.

In attesa che qualcuno arresti la deriva rancorosa della vendetta.

Perché la pena non sia mai disgiunta dalla speranza.

Perché, nella fretta, non siano buttate via anche le chiavi dell'equilibrio.

* Past president Camera penale La Spezia