«I francesi non possono mica avere tutto!».

Ha quasi sbattuto i pugni sul tavolo la sottosegretaria leghista alla cultura Lucia Borgonzoni, laurea in arti figurative, quando lo scorso novembre ha fatto capire agli odiati cugini che le opere di Leonardo Da Vinci, promesse al Louvre per l’esposizione del prossimo autunno dedicata ai 500 anni della nascita del genio toscano, resteranno quasi sicuramente a casa. «E’ una questione di interesse nazionale» ha ribadito qualche settimana fa Borgonzoni.

E poco male se verrà stracciato l’accordo stretto nel 2017 tra quattro musei italiani e la direzione del Louvre, un accordo come ce ne sono stati a centinaia nella lunga storia di gemellaggi, cooperazioni, sodalizi tra i due versanti delle Alpi. Peraltro le opere sarebbero dovute arrivare a fine ottobre e restare appena 8 settimane, cinque mesi dopo le celebrazioni della nascita di Leonardo che in Italia inizieranno il 2 maggio.

Senza contare che il Louvre ha già prestato diversi quadri di Leonardo ai musei italiani nel corso degli anni, in particolare per l’Expo di Milano 2015 e all’inizio dell’anno a Palazzo Strozzi di Firenze per l’esposizione Verrocchio il maestro di Leonardo. All’epoca dell’intesa a Palazzo Chigi c’era Paolo Gentiloni, Dario Franceschini era il suo ministro dei beni culturali; ma ora la musica è cambiata e il governo gialloverde non ha intenzione di “regalare” più nulla ai nostri vicini.

E poi, come spiega sempre l’ispirata sottosegretaria impugnando una logica tutta sua, «Leonardo è morto in Francia ma è nato in Italia ed era italiano, l’esposizione del Louvre toglierebbe visibilità alle iniziative previste nel nostro paese» .

L’ennesimo capitolo della guerra tra Roma e Parigi si gioca nello sfizioso terreno del sovranismo artistico, l’ultima frontiera di un conflitto “totale”, che va dalla politica all’economia, passando, naturalmente per la cultura, l’epicentro simbolico della differenza tra i caratteri nazionali, differenza rivendicata e politicizzata allo spasmo dal nostro governo. Se la politica è quella che è e l’economia dice che stiamo entrando in zona recessione dovremo pur aggrapparci a qualcosa per sottolineare la nostra eccellenza?

Che siamo un popolo di artisti lo sanno anche le pietre, ora basta puntellare l’orgoglio con la leggenda, con la fake news dei «saccheggi» francesi del nostro patrimonio artistico. Un po’ come è stato con l’imbarazzante storiella del Franco Cfa, la valuta coloniale francese che strangolerebbe l’economia di decine di paesi africani. Questa perpetua “sindrome della Gioconda”, questo vittimismo pop e pianificato a tavolino alimenta la credenza popolare delle continue ruberie subite dall’Italia di cui il celebre ritratto di Mona Lisa ne costituisce l’emblema assoluto.

Che l’artista toscano abbia venduto le sue opere alla Francia di Francesco I perché in Italia era considerato un artista minore, oscurato dalla fama di Michelangelo e Raffaello non è un argomento che sembra far breccia nell’immaginario popolare.

Lo storico ed esperto di Leonardo Jacques Frank, che legge questa vicenda con gli occhiali un po’naïf dell’accademico, fatica a cogliere il senso di quel che sta accadendo: «E’ surreale, il genio e l’importanza di Leonardo sono un patrimonio dell’umanità, lui è una figura universale.

Annullare l’accordo su una mostra in preparazione da anni costituisce un grande danno per il Louvre, ma non vedo quali sono i vantaggi per l’Italia» . Una rottura del genere nella cooperazione culturale tra i due Paesi dell’Ue non era mai avvenuta: «E’ una situazione senza precedenti, non ricordo simili conflitti tra istituzioni pubbliche europee.

Leonardo dovrebbe essere un simbolo dell’unione franco- italiana e non un pretesto per seminare discordia», s’indigna Jean- Yves Frétigné, professore di storia e autore di La France et l'Italie, histoire de deux nations soeurs, che a differenza di Frank legge con più malizia e realismo lo sgarbo italiano: «E’ chiaro che dietro questa scelta ci sono ragioni politiche con le elezioni europee che bussano alla porta e condizionano le scelte dei governi. Ma assistere all’arte che diventa ostaggio della politica, specie un genio dell’umanesimo come Leonardo, è uno spettacolo molto triste».

Ieri il ministro della cultura Franck Riester è volato a Roma per incontrare il suo omologo italiano, il grillino Alberto Bonisoli. Per convincerlo a cambiare la linea del governo ha provato a rovesciare la lettura dell’evento, un po’ come si fa con i bambini: «Celebrare Leonardo al Louvre significa celebrare l’Italia e la cultura italiana».