Per le prossime Europee prevede uno «tsunami sulla Commissione» Ue, ma intanto Luigi Di Maio deve mettersi al riparo dalla tempesta che avrebbe potuto travolgerlo a poche settimane dal voto. Proprio nel giorno in cui il Movimento 5 Stelle presenta in conferenza stampa i futuri alleati a Strasburgo, infatti, il capo politico deve rinunciare al partner più importante: quel Christophe Chalencon, uno dei leader dei gilet gialli, corteggiato a lungo da Di Maio. Perché a margine di un’intervista rilasciata alla trasmissione Piazza Pulita, l’esponente politico francese si è lasciato sfuggire parole inquietanti. «Abbiamo dei paramilitari pronti a intervenire perché anche loro vogliono far cadere il governo», dice Chalencon. «Oggi è tutto calmo ma siamo sull’orlo della guerra civile. Ci sono delle persone pronte a intervenire da ovunque». Frasi troppo pesanti persino per chi in Italia ha impostato tutta la campagna elettorale per le Europee in chiave anti Macron, a costo di rischiare una crisi diplomatica con Parigi. E il selfie d’oltralpe in cui Di Maio e Di Mattista sorridono al fianco di Chalencon diventa un ritratto imbarazzante da cancellare il più in fretta possibile.

«Probabilmente bisognava incontrarlo per capire chi era. A questo punto, ci voleva forse un po’ più di prudenza», ammette adesso il deputato grillino Emilio Carelli, nel giorno in cui l’ambasciatore francese rientra a Roma dopo formale richiamo in patria. E anche se il vice premier pentastellato si dice felice per il ritorno del diplomatico ( «a cui chiederò un incontro», dice) per ripristinare il rapporto di fiducia tra le due cancellerie ci vorrà parecchio tempo. «Dunque, uno dei leader dei gilet gialli ci annuncia un colpo di stato militare... È una commedia all’italiana o solo un nuovo delirio personale?», twitta infastidito il ministro dell’Interno francese Chistophe Castaner, riferendosi proprio ai rapporti tra Chalencon e il Movimento.

Di Maio è costretto dunque a inserire improvvisamente la retromarcia e rinunciare all’alleato francese. «Qui non ci sono esponenti dei cosiddetti gilet gialli, con i quali c’è stata e c’è una interlocuzione, una realtà che è molto complessa, perché ci sono diverse anime», dice il ministro del Lavoro, affiancato dai i leader dei partiti europei con i quali i Cinquestelle proveranno a formare un gruppo al Parlamento europeo. «Ma da parte nostra non ci sarà un dialogo con chi parla di guerra civile e di lotta armata», scandisce Di Maio. Ma senza gilet gialli le cose si fanno più complicate, perché per poter formare un gruppo servono almeno sette partiti di sette differenti Paesi. E per ora i grillini hanno trovato solo quattro alleati: i croati dello Zivi Zid ( in italiano “Barriera umana”), l’estrema destra polacca del Kukiz’ 15, i finlandesi del Liike Nyt e l’Akkel, il partito dell’agricoltura e dell’allevamento greco. All’appello dunque mancano ancora due partiti e due nazionalità. «Siamo 5 forze politiche che hanno accolto la sfida ambiziosa e complessa di un nuovo gruppo in Europa», spiega il capo politico pentastellato, «servono 7 componenti ma siamo molto fiduciosi: ci sono contatti con altre forze». Obiettivo dichiarato: dar vita a un gruppo in grado di «attrarre movimenti che non si riconoscono nelle destre sovraniste e nemmeno nei partiti tradizionali che siedono al Parlamento europeo». Ogni forza dovrà sottoscrivere un manifesto in 10 punti per ora appena accennati - si va dalla gestione dei migranti alla tutela del “made in” - che non stravolgono la natura e il programma di ogni singolo partito.

Ma le elezioni si avvicinano e Di Maio deve ancora trovare due partiti in giro per l’Europa.