Si è preso tutto il tempo necessario per riflettere e digerire la sconfitta in Abruzzo. E dopo 48 ore di silenzio stampa, Luigi Di Maio torna a parlare da capo del Movimento 5 Stelle. Il ministro del Lavoro prova ad analizzare i motivi del fallimento, dalle colonne del Blog del partito, e individua due tre accorgimenti per impedire nuove disdette, aprendo alle liste civiche sui territori.

«Dopo la Sicilia, dopo il Molise, dopo l’Abruzzo. Se non siamo riusciti a conquistare una regione con Giancarlo Cancelleri nonostante il 35 per cento, con Andrea Greco nonostante il 38 per cento e con Sara Marcozzi, persone che hanno dato l’anima nel territorio per anni e che hanno fatto l’impossibile, è chiaro che ci sono alcuni problemi di fondo», ragiona il vice premier. «Che come Movimento dobbiamo affrontare. Che io come capo politico del Movimento 5 Stelle intendo affrontare», è la premessa di chi sta per dire qualcosa di importante. Che arriva subito dopo: «Dobbiamo smetterla di presentarci», è la prima contromisura anti sconfitta, lì «dove non siamo pronti», dice Di Maio. Se non puoi vincere è meglio non partecipare, è il suggerimento che arriva dall’alto. «È necessario arrivare sempre alle amministrative con un percorso che preveda un lavoro sul territorio fatto di incontri con categorie, mondo del sociale, con gli amministratori», spiega il capo politico. «Non improvvisando come a volte accade». Di Maio accetta di preders sulle spalle il peso del risultato elettorale ma non rinuncia a tirare le orecchie ai suoi, a tutti coloro che, appagati dal trionfo del 4 marzo si sono adagiati sugli allori perdendo il contatto con la realtà. Perché per ritornare a vincere, il lavoro svolto durante la campagna per Politiche deve rimanere il modello di riferimento. «Apertura a nuovi mondi con gli uninominali e la squadra di governo portandoci dentro tante competenze, coinvolgendo persone del mondo accademico, scientifico, delle forze dell’ordine, dell’imprenditoria e incontrando quotidianamente un’impresa per ascoltare i problemi veri delle persone». È il “libretto giallo” del Movimento, la bussola per tornare a vincere. Ma non è tutto: serve una nuova organizzazione. Il partito liquido forse non basta più a contenere la complessità di una macchina da governo che voglia competere anche sui territori. «Ed è per questo che nelle prossime settimane presenterò agli iscritti del Movimento delle proposte da sottoporre a consultazioni online», annuncia Di Maio. «Dobbiamo aprire ai mondi con cui sui territori non abbiamo mai parlato a partire dalle imprese, dobbiamo decidere se guardare alle liste civiche radicate sul territorio». In altre parole, non si possono vincere le Regionali senza alleanze, bisogna cambiare passo, a costo di mettere mano al principio più caro a Gianroberto Casaleggio: il Movimento si presenta solo alle elezioni, lontano dalle «ammucchiate» di liste coalizzate. Sarà difficile convincere gli “ortodossi”, già sul piede di guerra, a effettuare anche questo passo senza alcuno strappo interno. Per questo Di Maio anticipa le ostilità e nel suo messaggio riserva qualche stoccata anche al dissenso interno, ai grillini convinti che le ragioni della sconfitta vadano ricercate nell’alleanza con la Lega. «I nostri iscritti hanno votato il contratto di governo e io ho dato la mia parola agli italiani che si va fino in fondo», taglia corto il capo politico. «Questo governo durerà 5 anni e ispirerà tanti altri governi europei».

Ma per farlo durare a lungo bisogna scongiurare altri passi falsi alle urne che mettano in discussione la leadership del vice premier.

Per le Europee, dunque, i candidati saranno scelti in modo parecchio accurato, privilegiando il percorso di studi, i titoli e la conoscenza delle lingue. I curriculum degli aspiranti europarlamentari dovranno essere inviati entro le 12 del 25 febbraio. Chi partecipa alla competizione deve accettare il Regolamento e il Codice di condotta del Movimento. Compreso il divieto a parlare con i giornalisti senza autorizzazione. Ma a scegliere i capilista sarà Di Maio in persona. «I nomi dei capilista così identificati saranno ratificati dal voto degli iscritti su Rousseau», si legge sul Regolamento. Perché uno varra pure uno. Ma il capo politico un po’ di più.