Quando ha alzato gli occhi al cielo con mal celata impazienza, perché Silvio Berlusconi ancora una volta in un evento pubblico è riuscito a strappargli il primato chiudendo lui il giro di interventi, Matteo Salvini l’altra sera a Pescara aveva l’aria di uno che tra sé e sé pensava: ma guarda che mi tocca sopportare ancora una volta con “Silvio”!.

Il capo leghista, ministro dell’Interno, che ha già sorpassato Forza Italia e secondo i sondaggi è il leader del primo partito del Paese, reduce fino a un attimo prima da un bagno di folla dietro l’altro in Abruzzo, che deve parlare stretto in mezzo tra Giorgia Meloni e “Silvio”. E vabbè, “questo” è fatto così: avrà pensato Salvini. L’immagine è rivelatrice molto più di tante spiegazioni politichesi forse del problema psicologico numero uno che c’è tra “Matteo” e “Silvio”.

E cioè del fatto che l’arrembante capo leghista, al di là dei numeri che il centrodestra non aveva per fare maggioranza e di tante spiegazioni politiche, abbia preferito al Cav, che tanto Cav sempre resterà anche se le percentuali di Fi dovessero scendere al lumicino, il giovane e davvero imparagonabile con il big imprenditore- politico, “Gigino” Di Maio. «Matteo, ovviamente, ha sempre pensato di poter dominare, condizionare anche sul piano psicologico, più il capo 5s che Silvio, per evidenti ragioni», spiegò una volta a chi scrive un dirigente leghista. E Salvini dopo essersi liberato di un altro “padre” molto ingombrante come Umberto Bossi, ora c’è anche da capirlo se un altro ancora più ingombrante, dal momento che oltre ad essere un politico Berlusconi è anche una potenza economica e finanziaria, non lo vuole certo. E allora perché ancora una volta “Matteo”, dopo averlo evitato in occasioni pubbliche per tanti mesi per non infastidire l’alleato di governo “Giggino”, sceglie di presentarsi in pubblico con big “Silvio”? Ci sono certo le elezioni di domenica in Abruzzo dove il centrodestra risorge unito attorno al candidato, scelto da Fratelli d’Italia, Marco Marsilio, c’è sempre Di Maio da rimettere in riga, ora che sulla Tav ha rialzato la cresta tanto più nel momento in cui Salvini rischia di andare sotto processo per la “Diciotti”, ci sono i due “forni” che il capo leghista eternamente utilizza e esibisce per far valere la sua forza sui 5s, ovvero con loro al governo nazionale e con “Silvio” e “Giorgia” invece in quello locale. Formula che il ministro dell’Interno ha confermato in Abruzzo, respingendo seccamente l’invito di Berlusconi a tornare “a casa” nel centrodestra.

Le spiegazioni politiche del perché il centrodestra sta ancora insieme sono ormai note anche ai sassi. Ma forse, per quanto seduti distanti l’uno dall’altro, con Meloni, imbottita di tachipirine per l’influenza, in mezzo che li divideva fisicamente, Salvini, che non solo è stato educato nel più antico partito politico ormai in parlamento, ma anche di musica si intende molto, chissà che non abbia pensato almeno una volta al fatto che i Beatleas dopo che si sciolsero, da soli uno a uno sul palcoscenico non furono più i Beatles. E ancora che Robbie Williams quando lasciò i Take That per un non brevissimo periodo certo dominò le scene, ma poi non fu più come ai tempi d’oro di “Go back” e non lo fu in fondo neppure per Freddie Mercury che tornò nei Queen. Salvini da solo potrebbe non avere più quel “quid” fascinoso del vecchio marchio di successo. Al capo leghista viene attribuito un altro progetto: quello di annettere Forza Italia e assorbire, disarticolare i 5s, diventando la prima forza politica che taglia le ali. In tanti hanno evocato Bettino Craxi che governava con la Dc mentre a livello locale era alleato del Pci. Ma nessuno ricorda quello che si rivelò alla prova dei fatti un errore tattico anche se non strategico di “Bettino”: aver pensato di annettere il Pci. Pur restando il fatto che la storia dette ragione a Craxi e non al Pci e che l’unità socialista non naufragò comunque per colpa sua. Ecco, se è vero quel che viene attribuito a Salvini di voler annettere Forza Italia ( seppur certamente Fi quanto a numeri è imparagonabile con il colosso Pci), la Lega, pur veleggiando a oltre il 30 per cento, dovrà riflettere su come occupare quello spazio di “centro” di quei cosiddetti moderati, liberali, degli imprenditori delle piazze “Si Tav”, imbufaliti con il reddito di cittadinanza grillino e allarmati dall’economia a picco. Proprio molti di loro sono rimasti a casa rifugiandosi nell’astensione. Sono loro quel convitato di pietra che Berlusconi con la sua ridiscesa in campo vuol conquistare o riconquistare. Ma al di là di quel che riuscirà a fare “Silvio” il problema di fare davvero “centro” vale anche per Salvini. A maggior ragione se Fi non riuscirà a tenersi sulla doppia cifra. Perché poi in politica gli spazi vuoti si riempiono sempre. Come capitò al Pds quando piombò sulla scena 25 anni fa un certo Berlusconi. Che allarmato per l’economia italiana dal bagno di folla a Teramo ha detto: «Ieri il mio gruppo ha perso più di 100 milioni in Borsa».