La parola d’ordine è unità: su questa il parlamentare dem Matteo Richetti ha costruito l’ accordo con Maurizio Martina, in vista delle primarie. «E basta anche con questa retorica dei renziani o ex renziani: se non ne usciamo, faremo il congresso delle figurine» .

Le candidature ora sono definitive. Che congresso sarà allora?

Posso dire cosa dovrà essere: il momento del confronto delle idee, della ricostruzione del partito e del suo essere tra le persone. Bisogna rimettere il Pd nella condizione di essere un punto di riferimento. Chiunque vincerà, deve aver chiaro che il Pd deve rappresentare l’alternativa a chi oggi governa, per me molto male, il Paese. Il Congresso dovrà dire cosa pensiamo e come vogliamo che la nostra visione si trasformi in misure concrete. La politica non può vivere di un elenco di provvedimenti più o meno validi, ma si realizza e trae linfa vitale da un visione strategica e da un senso di comunità di cui il Pd deve riappropriarsi. Ecco, questo deve essere il Congresso. Certo non il gioco di chi sta dietro questa o quella personalità.

Lei ci crede ancora, quindi?

Guardi, credo totalmente nel Pd, tanto che con Martina abbiamo presentato 10 proposte per ridare forza al partito, per rinnovarlo e riportarlo ad essere per le persone l’alternativa di cui dicevo. Usciamo dalla gabbia partito leggero- partito pesante e invece puntiamo a rendere il partito funzionante.

Ritroverà alcuni ex colleghi vicini a Renzi, che ora si stanno orientando come lei su Martina?

Ex colleghi? Mi scusi ma questa storia dei renziani o ex renziani non la comprendo. Le faccio i nomi di Nannicini, Serracchiani, Delrio o Martina, che era il vice di Renzi. Se non usciamo da questa logica ricadiamo nel congresso delle figurine. Si tratta di lavorare per il rilancio del Partito. Lo slogan che abbiamo lanciato con Maurizio Martina è # fiancoafianco. Si possono e si devono rompere gli schemi, andare oltre i tatticismi per lavorare insieme.

Oltre alla candidatura di Giachetti e senza un candidato di orientamento prettamente renziano, lei teme una diaspora di partecipazione?

No, non credo. Sembra una categoria altra, “il prettamente renziano”. Ripeto: Matteo Renzi è nel Pd e questo penso risponda alla sua domanda. Sarebbe ora che lo si lasciasse in pace. Chi guarda al Pd ha voglia di partecipare e si sgancia da questo tipo di logiche. Peraltro, sarebbe sufficiente quanto visto e ascoltato a Piazza del Popolo, dove dal nostro popolo è arrivato un appello chiaro e netto: “Unità, unità”. Significherà qualche cosa, o no?

Di che cosa parla, lei, durante questa campagna di primarie?

Sto girando l’Italia e mi confronto con moltissime persone, cosa che deve tornare prassi del partito che vorrei. Parlo di lavoro, di pensioni, di scuola, di economia verde, della difficoltà di fare impresa. Di come esistano dei principi inderogabili e di come in questo Paese si corra il concreto rischio di allontanarci da valori fondamentali, come la solidarietà e l’essere comunità. Cerco di capire le paure e le aspettative delle persone. Offro la mia visione di quello che vorrei per il Pd e per l’Italia ma, soprattutto, ascolto. Spiego perché dare fiducia al Pd. Con Maurizio abbiamo un progetto per ridare forza al partito e risposte al Paese.

Il lavoro è tema centrale: il governo sostiene che realizzerà ciò che il jobs act e il Pd non hanno fatto.

Potrei cavarmela con il dato sull’andamento dell’occupazione diffuso dall’Istat: meno 52.000 occupati. Il decreto Dignità fa quello che non avevano fatto il Pd e il jobs act: fa perdere posti di lavoro. E’ il segnale che la via imboccata dal governo è sbagliata e dannosa.

Rivendica il jobs act, quindi?

Non sostengo che il jobs act sia stata la panacea di tutti i mali. Come tutti i provvedimenti è necessario un continuo adeguamento, ma durante i nostri anni di governo si è registrata una crescita continua dell’occupazione. Usciti dall’emergenza di quegli anni, credo sia doveroso ripensare alla qualità dell’occupazione in termini di universalità dei diritti e delle tutele. Certo non le operazioni di mera facciata di Di Maio.

Le liquida così?

La propaganda ha un limite insuperabile: la realtà. E questa si sta prendendo testardamente la briga di smentire la retorica del duo Salvini - Di Maio. Stesso discorso vale per la logica dietro al reddito di cittadinanza: se decidi di dare fino a 780 euro - bisogna ancora capire come - e li distribuisci a chi non lavora e sta a casa ma non dai nulla a chi lavora come stagista, magari gratis, allora che c’è più di qualcosa che non funziona.

Che cosa manca a questa manovra di bilancio?

La manovra. Ancora non conosciamo le cifre reali. Cambia ogni giorno: reddito di cittadinanza, quota 100, le privatizzazioni entrano ed escono a giorni alterni. Sono stati tre mesi buttati al vento per un insieme di provvedimenti disorganici, frutto dell’esigenza di soddisfare posizioni antitetiche e interessi di parte, culminati in uno scontro ridicolo con Bruxelles, che si è tradotto in una ritirata ingloriosa.

Eppure c’è chi sostiene che il debito possa far ripartire i consumi.

Guardi, manca una strategia di politica economica: si fa debito con l’unico obiettivo di distribuire mance elettorali. Non si affronta la questione della crescita, nè si fa nulla per adeguare le tutele nel mondo del lavoro, in un’economia sempre più immateriale. E poi c’è vuoto totale e tagli all’istruzione, in netta inversione rispetto ai nostri governi. Noi abbiamo una doppia sfida: aiutare chi non riesce e garantirsi una formazione e innalzarne la qualità per rispondere adeguatamente ai cambiamenti del mercato del lavoro. Il Governo non fa nè l’una nè l’altra cosa. Non ci sono risorse nè strategie per l’economia verde, che si traduce in competenze, investimenti strategici, ridisegno delle città. Un futuro che in molti Paesi è già presente ma che da noi stenta ad affermarsi.

Il governo durerà alla prova contro l’Unione Europea?

Non so se e quanto durerà questo Governo ma il nostro obiettivo, con le primarie, è di costruire un’alternativa. Non si tratta di resistere, bisogna lavorare per rendere chiaro che esiste un’altra soluzione, un altro modo di rispondere alle esigenze delle persone. Più difficile e più complesso, ma che non abbandona le persone a se stesse. Una via nostra, nuova. Noi lavoriamo per mostrare che esiste un’alternativa di valori e di proposte.

Quale sarà il tema vincente delle prossime europee?

Le trasformazioni in atto ormai da anni ti distruggono, se pensi di affrontarle nell’ottica della piccola patria. Al di là degli slogan, i sovranisti dovranno spiegare se vogliono stare dentro o fuori dall’Europa. E, soprattutto, dovranno dire ai loro elettori che quei Paesi sovranisti - con cui dicono di voler creare una “Santa alleanza” - sono gli stessi che non perdono occasione per chiedere procedure d’infrazione contro l’Italia per i conti, o che ci voltano le spalle sulla questione dei migranti. Salvini chiede la redistribuzione e i suoi amici gli dicono di no. E’ un doloroso bluff. Sono bravissimi a rompere, ma il problema della ricostruzione ricade sempre nelle mani degli altri.

E dunque?

Il tema vincente è stare in Europa e far capire i vantaggi di questa scelta.