Beppe Grillo e Davide Casaleggio dovrebbero farsi vedere in giornata. Dovrebbero. Ma nulla è certo in questa edizione di Italia a 5 Stelle. La prima da quando il Movimento si è fatto casta, con responsabilità di governo e un alleato con cui fare i conti: quella Lega su cui solo fino a pochi mesi fa Luigi Di Maio e soci puntavano il dito. Il vice premier torna tra la gente dopo quattro mesi e mezzo di governo e a ridosso di una quasi crisi di maggioranza innescata da un'anonima manina sabotatrice. «Il movimento cambia, non possiamo illuderci che il movimento resti sempre lo stesso ma dobbiamo sempre ricordare i nostri valori per ricordiamoci chi siamo», esordisce il capo politico del Movimento in un Circo massimo che non riesce a nascondere i vuoti tra la folla. È un leader solo quello che parla sul palco: il fondatore è in Svizzera per uno spettacolo, dovrebbe arrivare oggi a Roma, Alessandro Di Battista parla in collegamento dal Sud America e Roberto Fico è sempre troppo distante anche quando è presente. «In 4 mesi e mezzo risolviamo il problema a gente maltrattata da Stato e banche», rivendica Di Maio, scaldando la platea. «Poi abbiamo detto a Cirino Pomicino che d'ora in poi prende una pensione per i contributi che ha versato e non il vitalizio. Il taglio dei vitalizi è una cosa così folle, voi lo sapete che non abbiamo dovuto fare neanche una legge per abolire i vitalizi. Abbiamo realizzato dieci dei venti punti del nostro programma in 4 mesi e mezzo nella manovra del popolo», racconta, rassicurando poi tutti sullo spirito del Movimento, rimasto uguale alle origini, nonostante tutto. «Il giorno in cui chiederò di chiamarmi ministro, dico, prendetemi a calci nel sedere», prosegue Di Maio. Con Roberto Fico «non riesco incontrami spesso» perché siamo su «questa ruota che gira. Ma quando vengo qui e ascolto lui, Alessandro Di Battista e i discorsi di tutti, penso che siamo brava gente». Tutti brava gente, certo, ma con opinioni a volte parecchio differenti. A ricordarlo agli elettori e al collega di partito è proprio il presidente della Camera, che al microfono scandisce: «Non dobbiamo dimenticarci da dove veniamo, perché quando ti siedi sulle poltrone può capitare che non ricordi chi sei», dice Fico. «Il governo deve fare meno decreti, bisogna portare in Parlamento discussioni molto forti, ampie, anche lunghe. Anche gli emendamenti delle opposizioni sono buoni e ciò che fa la maggioranza può essere migliorato. Il tempo, il dialogo porta delle buone leggi. Dobbiamo far diventare il Parlamento centrale perché il Parlamento rappresenta i cittadini». Insomma, il Movimento che chiedeva partecipazione e trasparenza in ogni piazza non può essere spazzato via dall'esercizio del potere. Poi Fico ammonisce: «Questo governo nasce su un contratto, non su un'alleanza, che invece si costruisce su valori. Ci muoviamo sul filo di quel contratto, però alle elezioni non è che ci sarà un'alleanza con la Lega, né alle Politiche, né alle Regionali, né alle Europee». A scaldare i cuori ci pensa il solito Dibba, in video collegamento. «Tornerò a Natale, abbiamo già fatto il biglietto. Vediamo poi che succederà. Non pensavo che mi mancasse così tanto la battaglia», garantisce, entusiasmando i presenti.  Per poi concludere alla "sudamericana": «La battaglia contro il capitalismo e la bancocrazia è la prima cosa da fare. Autostrade va nazionalizzata, i Benetton vanno estromessi da ogni cosa, quindi insistiamo su questo punto»,