Il muro della cattiva coscienza si sgretola con le coraggiose parole del più giovane presidente della Quinta Repubblica. L’unico a rompere un tabù che durava da oltre mezzo secolo: per la prima volta un capo di Stato francese ammette le brutalità commesse dal suo paese durante la guerra di Algeria, i crimini dei militari comandati dal famigerato generale Massu, le rappresaglie selvagge dei paracadutisti dell’Oas, le «torture sistematiche» nei confronti degli algerini che lottavano per la loro indipendenza. De Gaulle ( che pure mise fine alla guerra), Pompidou, Giscard, Mitterrand, Chirac ( che pure chiese scusa agli ebrei per Vichy), Sarkozy, Hollande: nessuno dei predecessori di Emmanuel Macron aveva fin qui denunciato le nefandezze coloniali. L’omertà su è stata condivisa da destra e sinistra, gollisti e socialisti, liberali e comunisti, quasi un velo di Maya a coprire una delle pagine più buie della recente storia francese.

Lo strappo di Macron avviene durante la commemorazione di Maurice Audin, matematico e attivista comunista, favorevole all’indipendenza algerina, sospettato di aiutare il Fln e assassinato dalle squadracce di Massu; secondo la versione ufficiale Audin venne arrestato nel 1957 durante la battaglia di Algeri ma poi riuscì ad evadere nel corso di un trasferimento di prigione facendo perdere le proprie tracce; in realtà venne rinchiuso in una villa nel quartiere di El Biar a Algeri e torturato fino alla morte: «La sua uccisione è stata permessa da una legge approvata dal parlamento francese nel 1956 che concedeva ai militari poteri illimitati per riportare l’ordine pubblico, la Francia ha promosso e legalizzato l’uso della tortura», tuona Macron Il presidente francese ha anche promesso di aprire gli archivi per consentire di indagare sulla sorte di civili e soldati scomparsi i cui corpo non sono mai stati ritrovati. Durante la guerra Parigi ha censurato qualsiasi riferimento nei media al ricorso alla tortura e successivamente il tema è rimasto tabù, tanto che nessun governo negli ultimi decenni si è mai spinto ad ammettere che la pratica avvenisse in maniera sistematica.

Le dichiarazioni dell’Eliseo sul sanguinoso conflitto, terminato con una sconfitta e il rimpatrio di un milione di coloni francesi nel 1962, i cosiddetti pieds noirs, sono state molto apprezzate dal governo di Algeri, che applaude il presidente: «È un passo avanti lodevole. È la prova che ci sarà un’ulteriore assunzione di responsabilità per i crimini commessi durante la colonizzazione» ha dichiarato il ministro degli ex- combattenti Tayeb Zitouni. Di segno opposto il commento di Marine Le Pen che difende il passato coloniale di Parigi: «Macron è spregevole e farebbe bene a lasciar stare i morti, per quale motivo vuole dividere i francesi? Perché non parla dei crimini commessi contro di loro?

Durante la sua campagna elettorale, Macron aveva definito la colonizzazione dell’Algeria un «crimine contro l’umanità» scatenando forti polemiche che lo costrinsero a una parziale marcia indietro da lui definita «nè una smentita nè un pentimento». Nel 2012 Hollande aveva riconosciuto la «repressione sanguinaria» da parte della polizia francese di manifestanti algerini annegati nella Senna a Parigi nel 1961 e le responsabilità del paese nei confronti degli Harki, gli algerini che hanno combattuto per la Francia, ma non si era spinto a criticare l’intero sistema coloniale come ha fatto Emmanuel Macron.