Il taser, strumento di cui si è proposta l’estensione anche nei penitenziari, è pericoloso, anche secondo il manuale tecnico della pistola elettronica in dotazione. A rilanciare l’estensione della pistola elettrica nei penitenziari è del sottosegretario alla Giustizia Jacopo Morrone, leghista: «Dopo l’esordio positivo della sperimentazione del taser messo in dotazione alla Polizia di Stato in undici città, credo sia legittimo prevederne l’utilizzo sperimentale, in certi casi, anche per la Polizia Penitenziaria». Il Sottosegretario ricorda «i ripetuti episodi di violenza da parte di detenuti nei confronti di agenti in vari istituti carcerari» e vede nel taser «un mezzo di deterrenza, che può avere anche un effetto preventivo, come abbiamo già avuto modo di vedere a Milano, Catania e Torino, solo per fare un esempio, ed è efficace anche per ridurre i rischi per l’incolumità degli agenti nell’affrontare aggressioni, impedendo la colluttazione fisica». La richiesta di avere in dotazione un arma di questo tipo era arrivata in passato dai sindacati della polizia penitenziaria, ma ora trova sponda da parte del partito al governo. Naturalmente dovrà essere il ministro della giustizia Alfonso Bonafede ad emanare un decreto ad hoc su questo tema. Per ora non ha espresso nessuna opinione a tal proposito. Nei prossimi giorni, il sottosegretario Morrone ha comunque detto che porterà la sua proposta all’attenzione del guardasigilli e gli chiederà di procedere su questa strada mettendo a punto, in tempi rapidi, «un progetto che possa essere applicato efficacemente, con le dovute accortezze, anche negli Istituti di pena».

Più volte Il Dubbio ha ricordato che da molti viene definita una ' pistola non letale', ma a partire dal 2000, anno di introduzione del taser, sarebbero stati circa 1.000 i morti a causa di questo tipo di pistola. Molti studi medici hanno certificato che per persone con precedenti disturbi neurologici o cardiaci la pistola taser ha rischi mortali. La stessa azienda produttrice americana è stata costretta ad ammettere che nello 0,25% dei casi c’è rischio di morte. Così come il Garante nazionale delle persone private della libertà, nella sua ultima relazione annuale, ha ricordato come «l’uti- lizzo del taser possa essere giustificato solo in un ambito limitatissimo di casi e che, inoltre, si debba tener in debito conto che il beneficio derivante da un minor utilizzo delle armi letali è certamente controbilanciato da alcuni elementi negativi non trascurabili». E cita i potenziali rischi di abuso, derivanti proprio dalla sua pretesa non letalità; la sofferenza provocata dalla scarica elettrica alla quale è associato, oltre alla perdita di controllo del sistema muscolare, anche un dolore acuto; le ulteriori conseguenze di tipo fisico, visto che la persona colpita dal taser normalmente cade a terra e quindi può provocarsi lesioni alla testa o a altre parti del corpo. Nei casi più gravi, infine, la morte per arresto cardiaco o conseguenze, per esempio, sulla salute del feto nel caso di donne incinte.

Ma per comprendere tutta la sua pericolosità basta leggere direttamente il manuale tecnico operativo della pistola taser, proprio il modello “X2” in dotazione presso la polizia, carabinieri e guardia di finanza. A pagina 7 c’è il capitolo dedicato all’aspetto sanitario. Si legge testualmente che «dopo il tiro è necessario controllare se la persona colpita abbia subito conseguenze lesive importanti, sia legate all’uso del taser che in conseguenza della caduta. Una volta posto in sicurezza il soggetto colpito, se fossero state colpite parti sensibili ( ad esempio organi genitali, testa, collo, etc.), dovrà essere richiesta l’assistenza di personale sanitario, senza procedere alla rimozione dei dardi». Ma non solo, c’è anche scritto che «in caso di persistente sanguinamento dai punti d’impatto, dovrà essere richiesta l’assistenza di personale sanitario procedendo, nel frattempo, al tamponamento della ferita con i dispositivi sanitari in dotazione. Il soggetto colpito dovrà essere osservato, con particolare attenzione allo stato di coscienza e nei casi in cui non sia responsivo dovrà essere richiesto l’intervento del personale sanitario assicurando, nell’attesa, l’assistenza di primo soccorso di base». Quindi parliamo di un’arma cosiddetta non letale, ma altrettanto pericolosa. Così pericolosa che a pagina 10 del manuale tecnico si raccomanda, prima di utilizzarla, di «considerate le eventuali e manifeste condizioni di vulnerabilità del soggetto da attingere come ad esempio un evidente stato di gravidanza o una chiara disabilità». Ma non solo. Le raccomandazioni sono ferree per minimizzare i rischi legati all’uso del taser: colpire preferibilmente la parte posteriore del corpo, ad eccezione della testa e del collo; evitare di colpire il viso, la zona cardiaca del petto e gli organi genitali; valutare il contesto di impiego; valutare i rischi di caduta della persona successivamente all’impulso elettrico o il possibile rischio di colpire altre persone che si trovano nelle immediate vicinanze del soggetto interessato ( per esempio in presenza di più persone, in occasione di eventi o manifestazioni), in presenza di condizioni ambientali avverse o nel caso in cui siano presenti soggetti minori di età nelle immediate vicinanze. Ecco spiegato perché “l’arma non letale”, in realtà può essere letale.