Se il sonno della ragione genera mostri, quello della scienza li rende invincibili. La vicenda dei no vax appartiene ad entrambe le categorie: per questo lascia esterrefatti e attoniti. Il rifiuto del criterio scientifico non è una novità: appartiene alle fasi più retrive della storia umana, quelle dove superstizione e credenze primitive fanno da padroni. Pensavamo di aver definitivamente superato quella palude: non è così. Anche l’idea che il progresso scientifico sia comunque e per forza portatore di benessere, sicurezza e miglioramento della qualità della vita è alle nostre spalle. Troppi lutti e istruzioni, troppe violenze all’equilibrio del pianeta hanno convinto del contrario e della necessità di prudenza e cautela per garantire l’ecosistema.

Eppure il bastione su quale ancorare alcuni dei presupposti indiscussi dell’avanzamento sociale non è, non dovrebbe, essere in discussione: nessuno, se malato, rinuncerebbe alle cure preferendo affidarsi agli sciamani; nessuno di fronte alla siccità dei propri campi preferirebbe imparare la danza della pioggia invece di ricorrere ai droni. Il no alla scienza appartiene al fondamentalismo di stampo religioso: chi preferisce quel tipo di vita è liberissimo di praticarlo, salvo non costringere gli altri a fare lo stesso. Spesso accade proprio così.

Il rifiuto delle vaccinazioni, fatte salve le specificità del caso, appartiene a questo filone antimodernista e primitivo. Non ha niente a che fare con l’attenzione che si deve contro gli abusi dei medicinali o contro l’invadenza o gli interessi delle case farmaceutiche: per quello ci sono le leggi, c’è la politica. Infatti è proprio questo l’elemento che più sconcerta. Il no ai vaccini è appaiato alla disistima che fette di popolazione esplicitamente rivolgono verso le fonti scientifiche ufficiali. Per di più presuppone che ognuno possa ritenersi portatore di convinzioni che sfociano nella verità esattamente come accade per chi ha studiato a lungo e approfonditamente il problema. Ignoranza e cultura, competenza e incapacità sono messe sullo stesso piano. Già così è roba inverosimile: se poi riguarda la salute dei nostri figli diventa inaccettabile.

Ciò che più lascia sgomenti delle polemiche di queste ore sulle vaccinazioni è il silenzio che circonda e ammorba il confronto. Perché su tutto è consentito dividersi e questionare, dalla Tav alle pensioni o ai vitalizi. Ma lasciare ingovernato, senza disciplina se non quella surreale della “obbligatorietà flessibile” avanzata dal ministro della Sanità, Giulia Grillo, un tema delicatissimo e che incide in modo profondo sulle regole basilari della convivenza sociale, è insopportabile. Si può litigare su tutto, non sui vaccini: in quel campo tocca alla responsabilità pubblica stabilire norme e definire comportamenti: senza riguardi per nessuno verrebbe da dire, visto che la tutela della salute è un obbligo per chi svolge ruoli istituzionali. E soprattutto senza inseguire rigurgiti oscurantisti e irrazionali, peggio se facendo intendere di volersene lavare le mani.

Se lascia basiti la superficialità con la quale alcuni esponenti dei Cinquestelle - ministro compreso, spiace dirlo - maneggiano argomenti così delicati, appare inverosimile l’acquiescenza, parente della complicità, che contraddistingue la Lega ed il suo leader Matteo Salvini. Inflessibile nei riguardi dell’immigrazione clandestina, più che mai determinato a inseguire la flat tax ingaggiando un duello all’ultimo euro con la Ue, il vicepremier e ministro dell’Interno pare volutamente disinteressarsi del problema. In tante occasioni, ha detto di agire con l’obiettivo di garantire il benessere dei propri figli. Ebbene, forse che le vaccinazioni non rientrano in quella categoria? Forse che allontanare il rischio di malattie debellate da decenni dopo sforzi e conquiste mediche di vastissimo respiro non risulta prioritario alla stregua di combattere i vu cumprá sulle spiagge? Ci sono foto che lo ritraggono gongolante sulla battigia ( ricorda qualcosa?) deserta di immigrati con le loro cianfrusaglie. Sarà possibile vederlo anche in una scuola a settembre, mentre i presidi impazziscono cercando di creare classi ad hoc per i bambini immunodepressi? Ma se la politica non si occupa di queste cose, se non disciplina e sgonfia le paure e le preoccupazioni delle famiglie, allora a cosa serve? Se diventa un gioco di Palazzo per stabilire a chi deve andare la poltrona di presidente della Rai o di amministratore delegato della Cassa Depositi e Prestiti, non risulta inadeguata e priva di qualunque traccia del “cambiamento” così enfaticamente sbandierato? Compito della scienza non può essere che farci vivere meglio. Compito della politica non può essere che esaltarne le potenzialità stroncando abusi e irregolarità. Cominci subito, che è già in ritardo.