«Gli italiani sono razzisti ma, proprio come i razzisti che incontrai nel ‘38, nessuno vuole ammettere di esserlo». Furio Colombo, storico direttore dell’Unità, scrittore ed editorialista del Fatto Quotidiano, non usa mezze parole e, per descrivere l’attuale clima politico, parte dalle cronache di Aprilia e Torino, e prima ancora quelle di Roma e del Veneto. Il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, ha negato che esista un’emergenza razzismo. Secondo lei, invece, i singoli fatti vanno letti come parte di un fenomeno? Le notizie non si devono mai leggere individualmente, ma vanno legate tra di loro e capite. Se ad un incrocio viene investito un pedone, poi un altro e poi un terzo, qualcuno ad un certo punto dice che il crocevia non è sicuro e bisogna intervenire. In queste settimane abbiamo avuto una serie di persone di colore colpite con proiettili e armi ad aria compressa: mi sembra difficile immaginare una sequenza simile senza che esista un legame tra gli eventi. Chiunque con un minimo di buon senso direbbe che si tratta di episodi razzisti e sostenere il contrario è particolarmente penoso, soprattutto perchè queste parole arrivano anche dai carabinieri, sia in occasione dell’atleta Daisy Osakue e dell’omicidio di Aprilia. Perchè dice “soprattutto”? Perchè i carabinieri non hanno il compito di indagare la spinta psicologica tra l’azione A e la conseguenza B sia frutto di razzismo, ma devono prima di tutto capire cosa sia successo. Prendiamo il caso di Aprilia, dopo la prima notizia su quanto avvenuto, io devo iniziare a capire la sequenza degli eventi: l’inseguimento, la proporzione dell’incidente tra la parte automobilistica e quella dell’azione umana. Su questo i carabinieri dovrebbero dire di più. Come fanno, invece, a dirmi che l’aggressione non ha connotazione razziste? Mi viene da pensare che abbiano ricevuto un ordine. Pensa a un tentativo di ridimensionamento dell’accaduto da parte delle forze dell’ordine? Ad Aprilia due bianchi inseguono a tutta velocità un nero come in un vecchio film americano degli anni Trenta, lo sbattono fuori strada, lo ammazzano di botte e lo lasciano su un marciapiede. Come si fa a escludere che ci sia razzismo? Si può dire che si è indecisi, ma non si può dire che non ci sia. Arriverei a dire che proprio questa affermazione sia la prova del razzismo stesso dell’evento, anche perchè l’affermazione è curiosamente arrivata in perfetta sintonia con quella del ministro dell’Interno: Salvini ha detto che un delitto è un delitto, ma che è sbagliato accusare gli italiani di essere razzisti. E perchè sarebbe sbagliato? Un delitto può avere anche matrice razzista e in questo caso mi sembra evidente che ci sia. Esiste una correlazione tra i fatti e l’attuale clima politico, che vede attualmente al centro dell’agenda immigrazione e legittima difesa? Diciamo che questa nuova associazione tra Lega e 5 Stelle sta dando i frutti promessi: avevano garantito di essere punitivi e distruttivi e lo stanno facendo molto bene. Di più, hanno ragione quando dicono che stanno rispettando le premesse elettorali, che erano pessime. Dicevano che avrebbero chiuso mari e porti, garantendo espellere decine di migliaia di immigrati e mi pare che stiano mantenendo molto bene i loro terribili impegni. Ad essere altrettanto terribile è che gli italiani si siano uniti in massa a premiare con il voto promesse del genere, la più mite delle quali è privare i vecchi senatori e deputati de loro vitalizio, come se incidesse in modo sostanziale per le casse del Paese. Evidentemente, però, agli italiani questo piace. La stupisce che il governo goda ancora di questo sostegno? Mi stupisce che gli italiani vivano certe iniziative del governo come soluzioni ai loro problemi. Penso, per esempio, allo sgombero del campo rom di Roma: una misura pesantissima per chi la ha subita e irrilevante nel destino del paese. Su 60 milioni di italiani ci sono 150 mila rom, di cui il 90% cittadini italiani e gli altri cittadini dell’unione europea: distruggere il loro campo e “liberarsi” di loro, come dice Salvini, però, è vissuto come un successo. Evidentemente la maggioranza dei loro elettori è ancora molto contenta e non si può certo dire che i partiti di governo non stiano rispettando le loro promesse. Eppure, si fatica ancora a usare la parola “razzismo”. Ma certo, nessuno vuole essere chiamato razzista. Avendone l’età, ho vissuto il dramma della Shoah e posso assicurarle che, nel pieno delle leggi razziali, non ho mai incontrato un fascista che mi dicesse che era razzista. Quando i bambini sono stati esclusi dalle scuole e cacciati dalle classi, nessun maestro ha detto: «Scusa caro, lo faccio perchè sono razzista». Hanno negato d’esser razzisti anche i firmatari del Manifesto sulla razza: non esiste un razzista che dica di esserlo, perchè facendolo si metterebbe in una posizione inferiore rispetto alla vittima. No, lui agisce dalla sua posizione di superiorità e capacità di valutare gli eventi. È come nella famosa barzelletta: un bianco dice al nero, “Razzista io? Ma sei tu che sei nero”. Salvini ripete spesso a chi lo attacca: “Accoglieteli a casa vostra”. Una risposta infantile, stupida e crudele. Quello delle migrazioni è un enorme problema pubblico e mondiale e dire “accogliete gli immigrati a casa vostra” è la risposta di chi non vuole che lo Stato svolga il suo compito morale e politico di istituzione pubblica. Ci si poteva aspettare l’escalation di violenza queste settimane e, soprattutto, si arresterà? Difficile che si fermi da sola. Se mettiamo insieme tutti i discorsi dei leghisti, gli articoli su la Padania e le cose dette su radio Padania, la cura con cui la ministra Kyenge è stata chiamata scimmia, l’invocazione di fermare a tutti i costi le navi nel Mediterraneo, non penso si possa sperare che il virus razzista si arresti da un giorno all’altro. Forse l’Europa li costringerà ad essere meno barbari, ma anche l’Europa ha la sua parte di barbarie, basti pensare al cancelliere austriaco Kurz e al primo ministro ungherese Orban. Con persone del genere, anche l’Ue è stata infettata dal razzismo e dire che col tempo passi mi sembra velleitario. Addirittura? A Berlino, nel 1930, i dati individuano il tasso di razzismo intorno al 15%. Nel 1933, i berlinesi hanno cacciato tutti gli ebrei dalla città e si parlava di “Berlino città libera”. Lei si meraviglierebbe molto se qualcuno dei sindaci leghisti, di cui a volte si è parlato per le varie crudeltà e offese agli immigrati neri, decidesse di mettere cartelli con scritto: “Città libera dagli immigrati”, oppure “città ripulita dai neri”? Ora non lo faranno perchè sarebbe un po’ troppo compromettente, ma chi è al governo ha lavorato bene per suscitare l’odio popolare necessario. Chi combatte questa deriva? Gli ultimi baluardi a difesa sono rimasti la Chiesa cattolica e il solitario Presidente della Repubblica. Mattarella ha detto cose di tale buon senso, chiedendo di non essere disumani, di non giocare col destino di coloro che arrivano chiedendo aiuto, peccato che nulla di tutto questo abbia fatto notizia. Anche il giornalismo ha qualche responsabilità? Purtroppo sì. Di solito anche la frase più ovvia, se detta da un Capo dello Stato, viene prontamente celebrata. Invece, le parole di Mattarella sono finite in mezzo ad altre notizie in tutti i Tg, probabilmente perchè vanno contro le indicazioni pedagogiche di Salvini: “Inseguite, picchiate, escludete, cacciate”. Lo stesso vale per le notizie delle aggressioni: un importante Tg, oggi, non ha aperto con la notizia dell’atleta torinese colpita dal lancio di uova e ferita a un occhio. Per un giornalismo nel quale drammatizzare è sempre un modo per rendere la notizia interessante, evitare di aprire il tg all’ora di punta con il ferimento di Daisy è una brutta notizia. Accade anche sui quotidiani: si preferiscono notizie di beghe politiche, pur di non affrontare le questioni che hanno a che fare col razzismo. Salvini sostiene, però, che l’immigrazione sia un problema perchè viene percepita come tale dai cittadini. I cittadini non creano le percezioni, le percezioni vengono create dalle forze di sistema. In Germania, i nazisti hanno lavorato intensamente e in tre anni hanno raccolto i loro frutti e non va dimenticato il silenzio italiano, quando vennero portati via migliaia di ebrei. Ci sono stati, è vero, un’infinità di soccorsi individuali, ma non ricordo il nome di un solo italiano celebre che nel 1938 abbia parlato pubblicamente per difendere gli ebrei. Il nostro non è un popolo famoso per il suo coraggio morale e la persecuzione ai nostri concittadini non ha portato alcuna ribellione. Lo ha raccontato la senatrice a vita Liliana Segre: gli ebrei milanesi marciarono attraverso Milano, mentre li portano da San Vittore al binario 21 della stazione centrale e non un milanese si volta per chiedere che diavolo stesse succedendo. Qualche nome della cultura, oggi, si è schierato. Ci sono stati l’appello di Roberto Saviano, le parole di Dacia Maraini sul Corriere della Sera e qualche altra personalità della cultura, ma non tante come vorrei. Tutti coloro che scrivono per mestiere dovrebbero schierarsi e nessuno dovrebbe prestarsi alla beffa del dire “lo hanno ammazzato, ma non era mica razzismo” perchè è poco carino insultare gli italiani. Purtroppo, invece, gli italiani sono stati razzisti nel 1938 e ora questa maledizione tocca a noi. Resta solo la Chiesa cattolica, diceva prima. Con una sinistra sdentata, che non è in grado di opporsi e di coalizzare altre forze contro questa deriva, non resta davvero che la Chiesa. Eppure, ho letto ciò che ha scritto Avvenire e ascoltato le parole del Papa, ma non sento le voci dei parroci, dei preti di quartiere. Si direbbe quasi che hanno paura. Che cosa intende? Mi chiedo come mai non abbiamo notizie dei parroci italiani là dove i fatti di razzismo avvengono. Solo perchè chi viene colpito non va all’oratorio? Mi sembra un po’ modesta come ragione. La Chiesa come istituzione è intervenuta, ma la Chiesa dei quartieri e delle strade sembra assente. Ecco, su questo mi piacerebbe che Avvenire mi rispondesse e che mi dimostrasse che non è vero.