Sarà un rapporto conflittuale o un rapporto caratterizzato, come è stato in questo quadriennio, da un positiva interlocuzione con il governo? Per capire quali saranno i futuri equilibri fra Il Csm e l’esecutivo bisognerà attendere il 19 luglio, quando le Camere in seduta comune inizieranno le votazioni per i componenti laici dell’organo di autogoverno dei magistrati. Le elezioni dei consiglieri togati che si sono tenute lo scorso fine settimana non hanno, infatti, impresso la svolta che molti prefiguravano. Ciò è stato dovuto essenzialmente alla mancata affermazione del gruppo di Autonomia & Indipendenza, la corrente della magistratura associata fondata da Piercamillo Davigo e su diverse questioni in sintonia con il Movimento 5 Stelle. Dei quattro consiglieri che A& I prevedeva di portare a Palazzo dei Marescialli, alla fine sono stati eletti soltanto due. Fra cui, appunto, Davigo. Risultato controverso, tanto che la grande affermazione dell’ex pm del “pool”, circa 2600 preferenze su 8010 votanti, è stata letta dagli altri gruppi associativi come l’effetto di una “bolla” mediatica. «Davigo è stato visto come il simbolo - l’ultimo rimasto - della stagione di Mani pulite. Il suo elettorato è caratterizzato soprattutto dai giovani magistrati, rimasti colpiti dalla sua presenza mediatica. È il candidato che ha goduto di maggiore visibilità, oltre ad essere stato sponsorizzato da alcuni organi di stampa», ha dichiarato a scrutinio terminato Antonello Racanelli, procuratore aggiunto a Roma e segretario generale di Magistratura indipendente, corrente di cui ha fatto parte lo stesso Davigo fino alla scissione del 2015.

I numeri dei sedici togati non sono, dunque, garanzia di un “mare tranquillo” per il governo giallo- verde: cinque consiglieri ciascuno per Magistratura indipendente e Unicost, tre per Area, due per A& I. Sia Unicost che Area hanno già messo le mani avanti e criticato neppure tanto velatamente l’attuale assetto politico.

VINCITORI DI “MI” FREDDI COL GOVERNO

«È stato un voto influenzato dal contesto politico generale del Paese», ha dichiarato Cristina Ornano, segretaria generale di Area, il cartello delle toghe progressiste. Dello stesso tenore il commento di Roberto Carrelli Palombi, segretario generale delle toghe di centro di Unicost, che ha parlato di «un risultato scaturito da una campagna elettorale influenzata dal quadro politico generale del Paese ed inquinata da fattori esterni». Ma a proposito dei futuri rapporti tra Csm e maggioranza di governo, anche Magistratura indipendente non sembra essere molto in sintonia con l’attuale esecutivo. Già bocciate, dal gruppo vincente dei “moderati”, molte delle proposte in tema di giustizia in discussione in questi giorni. Una stroncatura senza appello, ad esempio, per l’agente sotto copertura per i reati contro la Pa, tra i cavalli di battaglia dei pentastellati.

IL PUZZLE TRA TOGATI E LAICI

Degli otto componenti laici, cinque spetteranno alla maggioranza, tre all’opposizione. Dei cinque della maggioranza, tre al M5S, due alla Lega. Per i tre dell’opposizione, uno ciascuno rispettivamente a Pd, Forza Italia e FdI. Nel Consiglio uscente, Area, con sette consiglieri, spesso ha potuto contare sui laici Giuseppe Fanfani ( Pd), Paola Balducci ( Sel) e Roberto Balduzzi ( Scelta civica). Unicost, cinque consiglieri, ha giocato il ruolo di ago della bilancia. I tre togati di Mi hanno, invece, avuto spesso il supporto dei tre laici di centrodestra: Antonio Leone ( Ncd), Pierantonio Zanettin e Elisabetta Alberti Casellati ( FI). Un Consiglio nato con il patto del Nazareno fra Pd e Forza Italia che non ha, quindi, osteggiato più di tanto le scelte del governo in materia di giustizia. Anzi.

Ma proprio alla luce di questi numeri, quelli dei futuri laici giallo- verdi non sembrano essere sufficienti a garantire a piazza Indipendenza una maggioranza “filo governativa”.