Immigrati maltrattati, truffe, frode nelle pubbliche forniture. Che i centri di accoglienza in convenzione con privati presentano molto spesso condizioni cattive lo si sapeva da sempre. Ma ieri, dopo la presunta frode sull’accoglienza dei migranti a Benevento che avrebbe avuto la complicità di un funzionario della Prefettura, grazie ad una operazione della polizia, ne abbiamo avuto l’ennesima dimostrazione. La squadra mobile di Latina ha arrestato sei persone responsabili di Onlus operanti nella gestione di diversi Centri di accoglienza straordinaria ( Cas) nella provincia pontina. I reati ipotizzati sono, a vario titolo, falso, truffa aggravata, frode nelle pubbliche forniture, maltrattamenti. Nel corso dell’indagine gli uomini della squadra mobile di Latina e quelli del Commissariato di Fondi hanno effettuato diversi sopralluoghi all’interno dei Centri, riscontrando gravi situazioni di sovraffollamento e carenze di natura igienico- sanitaria. Analizzando la documentazione depositata dai responsabili delle Onlus per la partecipazione ai bandi di gara indetti per l’accoglienza dei migranti, inoltre, i poliziotti hanno scoperto una serie di «gravi e sistematiche» violazioni nell’esecuzione degli obblighi assunti dai gestori dei Cas in sede di aggiudicazione delle gare. Dalla intercettazione è infine emerso che una delle Onlus, di fatto, si spartiva la gestione dei richiedenti asilo con un’altra Onlus, senza alcuna comunicazione alla Prefettura di Latina.

La gestione dei Cas, tramite privati, è un problema denunciato non solo dalla campagna LasciateCIEntrare o da varie organizzazioni che si occupano dei diritti umani. Basterebbe leggere la relazione finale della Commissione parlamentare d’inchiesta sul trattamento dei migranti, consegnata il 21 dicembre del 2017 alla Camera, dopo due anni di lavori. L’anomalia più grave che era emersa dalla relazione riguarda proprio i Cas, i Centri di accoglienza straordinaria. A dicembre del 2017 hanno ospitato l’ 81 per cento dei richiedenti protezione internazionale presenti in Italia, cioè 151.239 persone su un totale di 186.833. Il ricorso ai Cas cresce con un tasso doppio rispetto all’incremento delle presenze.

«Dovevano essere una soluzione momentanea e transitoria, invece è diventata permanente», aveva spiegato Federico Gelli, l’allora presidente della Commissione in quota Pd. Quando parliamo di Cas intendiamo casali, alberghi, affittacamere, residence, ostelli, tensostrutture, case famiglia, caserme: i gestori, o gli affittuari, hanno ottenuto l’appalto dalle prefetture e si sono presi i migranti. Sono quasi tutti privati, ad eccezione di quelli aperti in edifici militari e religiosi che però coprono una parte minima dei flussi. Grosso modo, sette centri su dieci sono gestiti da privati, che li mandano avanti grazie al contributo dello Stato. Secondo la Commissione d’inchiesta, si annidano qui i problemi maggiori riguardo alla mediazione culturale, alla integrazione, alla professionalità degli operatori. Oltretutto i Cas sfuggono più facilmente ai controlli, a differenza della rete Sprar. «Non dobbiamo generalizzare – aveva spiegato Gelli - ma il rischio di sprecare denaro pubblico a beneficio di soggetti che non offrono i servizi per cui sono pagati è concreto. Per questo ha fatto bene Minniti ad attivare una task force per monitorare il meccanismo di affidamento delle prefetture». Il generale della Finanza Stefano Screpanti davanti alla Commissione il 29 novembre dell’anno scorso, parlò di casi di «omessa effettuazione delle procedure di gara a favore di chi è sprovvisto di requisiti necessari», e di «forme di illegalità contigue tra il settore pubblico e il privato».