Sentite Sebastiano Ardita, secondo – per peso “politico” – solo al leader Piercamillo Davigo, nell’assalto al Csm di “Autonomia & Indipendenza”: «Il Consiglio superiore che sta per uscire di scena si è sdraiato sull’esecutivo. Ha assecondato una logica di intrusione della politica nella scelta dei capi degli uffici, grazie alla saldatura costante tra le correnti e quasi tutti i laici. Aggiungete, a questo, provvedimenti che mettono a rischio in modo violento la nostra autonomia e indipendenza, dal taglio delle ferie a una responsabilità civile che non esiste in alcuna altra parte d’Europa: ne viene un mix micidiale, in cui finiamo integrati e asserviti nel sistema di potere che col pensiero unico vuole governare il mondo».

E già fin qui, almeno un paio di spie rosse si sono già accese, soprattutto sull’ultimo passaggio, così plasticamente sovrapponibile alla critica antiglobalista dei cosiddetti populisti europei, compresa la maggioranza gialloverde italiana. Poi il clou: «Si deve mettere mano a tutto questo sistema dell’autogoverno con un nuovo Csm che dovrà smussare il tentativo della politica di mangiarsi la nostra autonomia a colpi di leggi che la fanno a pezzi. Un nuovo Csm che non deve essere il capo gerarchico dei magistrati ma che risponda alle istanze provenienti dalla nostra base, e ci restituisca una magistratura in cui ci sia un po’ più di potere diffuso e un po’ meno autoreferenzialità».

Avete bisogno di altro? Non è la versione riveduta, corretta e perfettamente adattata all’ordine giudiziario, della democrazia diretta del Movimento cinquestelle? Pare evidente. Ardita pronuncia il discorso a uno dei più importanti convegni organizzati dai magistrati in vista dei loro election days per i nuovi componenti togati del Csm, l’ 8 e il 9 luglio prossimi. Lo stesso dibattito di mercoledì scorso in cui Francesco Greco, procuratore di Milano e ritenuto vicino ad Area – corrente agli antipodi di quella di Davigo e Ardita – ha detto che il Consiglio superiore «non è trasparente».

I due uomini di punta di “A& I” parlano di funzione magistratuale schiacciata dalle insidie della politica e da una domanda di giustizia impossibile da evadere, se non con una semplificazione delle procedure (che in alcuni casi potrebbe voler dire meno garanzie). Si tratta di capire se la succitata «base» dei magistrati seguirà quello che, con molta semplificazione, può passare come “populismo togato”. Sembrano esserci le stesse premesse del successo di cinquestelle e Lega: sottovalutazione esterna, insofferenza della base che può esplodere come un tappo, richiami a minacce un po’ indefinite di un potere pervasivo e in certi casi inconoscibile. Al Csm, come ricorda lo stesso Ardita, ci vuol poco a saldare un po’ di togati con il blocco laico. Ecco: non è che una saldatura vincente tra la nuova maggioranza politica e il gruppo di Ardita e Davigo sia un’ipotesi tanto surrealista.