Il 2018 gronda di ricorrenze a cifra tonda che hanno a che fare con la politica e con le istituzioni. Il quarantennale dalla tragica scomparsa dalla scena pubblica di Moro è sicuramente il richiamo più ricorrente in questi giorni nel galateo della memoria collettiva, anche con una cospicua fioritura pubblicistica.

Pubblicistica cospicua, ma ancora lontana dal profluvio di memorialistica che si è rovesciato in libreria ad opera dei sessantottini in pensione, ammalati di nostalghia e dalla voglia di raccontare ai nipoti com’erano formidabili quei giorni e che gran fico era il nonno. Sul settantesimo della Costituzione, in verità, poco e niente, fuori dai circoli accademici e dalle celebrazioni doverose di qualche istituzione. Diciamo, tra parentesi, peccato, perché in un paese che rimuove nella sua scuola dell’obbligo il dovere di insegnare cos’è la carta fondamentale della Repubblica ai futuri cittadini, un’occasione di riflessione pubblica come questa sarebbe stata importante. A proposito: fu proprio Moro, ministro della Pubblica Istruzione a volere la materia dell’educazione civica nella scuola. I posteri ne persero tracce e ragioni.

E forse qualche effetto di quella non incolpevole dimenticanza lo stiamo vivendo oggi.

Tra le ricorrenze ci sono anche due 18 aprile.

Domenica 18 aprile 1948 il popolo sovrano conficca nella zolla italica la pietra miliare della Prima Repubblica: le elezioni politiche del primo Parlamento democratico e repubblicano sanciscono un assetto di forze e di scelte strategiche destinato a durare nei successivi 46 anni.

La Dc di Alcide De Gasperi raccoglie oltre il 48% dei voti portando in Parlamento il 53 % dei deputati e il 55 % dei senatori. Il Fronte Democratico Popolare del Pci togliattiano e del Psi nenniano, al voto col simbolo immaginifico di Garibaldi, si ferma intorno al 30 % dei consensi. La lista di Unità socialista, formata dai saragattiani appena usciti dal Psi e dai socialisti democratici di Matteo Lombardo, raccoglie 33 deputati e 8 senatori, ma ci sono anche i repubblicani e i liberali, fa la sua comparsa il Msi di Almirante, che raccoglierà sei deputati e un senatore, e il partito monarchico di Covelli.

De Gasperi ha da solo i numeri per governare, ma sceglie di condividere la responsabilità dell’esecutivo con i suoi alleati della precedente esperienza di governo: i socialdemocratici, i repubblicani e i liberali. È l’età del centrismo, caratterizzata da una scelta di campo atlantista contrapposta all’egemonismo sovietico.

La cifra ideologica fortissima che anima la dialettica politica di quella stagione mette l’uno contro l’altro, pertanto, non solo partiti politici ma weltanshauung irriducibilmente lontane. È, anche la stagione dei partiti di massa, insediati nella società italiana in modo addirittura pervasivo, con legioni di militanti che complessivamente si sarebbero aggirati intorno ai quattro milioni e mezzo di iscritti nei periodi di maggiore splendore.

È, soprattutto, l’inizio della lunga stagione del proporzionale con voto di preferenza plurimo: non solo un sistema elettorale ma addirittura una filosofia della forma partito, che vede prevalere l’insediamento sociale e territoriale sul voto d’opinione, la necessaria solidarietà tra candidati sul conflitto fratricida, l’idea della competizione aperta, dove anche il numero uno corre lo stesso alea dell’ultimo della lista.

Domenica 18 aprile 1993 il 77% degli italiani si reca alle urne per approvare il quesito proposto dai Radicali di Pannella e da Mario Segni, che introduce il sistema maggioritario nella legge elettorale per il Senato. Le proporzioni dell’adesione al maggioritario sono plebiscitarie: addirittura è quasi l’ 83 % degli italiani a dichiarare di voler abbandonare il sistema proporzionale. Ma non si trattò di un empito generato da improvvisa passione per gli studi degli algoritmi che governano le leggi elettorali, ma solo dell’effetto di un inarrestabile rumore di fondo generato dall’intero circuito mediatico. Nel bel mezzo di Tangentopoli, infatti, passò come un mantra recitato a colazione pranzo e cena il concetto: volete liberarvi del sistema dei partiti corrotti, volete liquidare una volta per sempre Craxi- Andreotti- Forlani? E allora dovete votare sì per cacciarli tutti. Le mirabolanti virtù salvifiche del maggioritario!

E infatti arrivò Berlusconi.

Due 18 aprile da ricordare: l’alba e l’omega della Prima Repubblica. Della cosiddetta seconda abbiamo perso le tracce nel curioso camuffamento del 4 marzo 2018. Ma questa è un’altra storia.