«Serve un governo al più presto, la politica estera non aspetta». Margherita Boniver, Sottosegretario del Ministero degli Esteri durante il governo Berlusconi, parlamentare ed eurodeputata del Partito Socialista, analizza lo stato del conflitto siriano, il posizionamento degli attori in campo e il ruolo dell’Italia in una guerra che rischia di chiamare in causa anche il nostro Paese, in quanto membro della Nato.

Il conflitto è entrato prepotentemente anche nelle consultazioni per il nuovo governo.

Era ovvio succedesse. In questo momento non c’è un totale vuoto di potere perchè il governo Gentiloni è in carica per il disbrigo degli affari correnti, ma questo esecutivo non potrebbe certo assumersi gli oneri e la responsabilità di coinvolgere l’Italia nel conflitto, nel caso in cui ci fosse una richiesta specifica di utilizzo delle nostre basi militari per far partire i bombardamenti. Ha ragione quindi Mattarella quando dice che il tempo sta scadendo anche per via di questa impennata della crisi siriana. È necessario, dopo più di un mese dal voto, che i protagonisti si decidano.

Quanto ancora è incandescente la situazione siriana?

Quel che di peggio poteva succedere è già successo, nel senso che la crisi umanitaria è talmente evidente e incancrenita che difficilmente potrà ancora aggravarsi. Ora sembra che siamo arrivati al finale di partita: la guerra va avanti dal 2011 e gli attori principali di questa infinita tragedia sono ormai posizionati. Gli accordi di Astana, sottoscritti da Assad, Turchia, Russia e Iran stanno dando risultati e soprattutto hanno esautorato i negoziati Onu. Insomma, dobbiamo prepararci ad accettare che il regime di As- sad ha vinto la guerra.

Eppure le minacce di rappresaglia arrivate da Trump hanno prodotto un’escalation di tensione.

Ci sono pochi dubbi che a Gouta l’esercito di Assad abbia bombardato con agenti chimici e questo evento ha rappresentato una svolta improvvisa. Prima di questo, però, addirittura la Russia stava iniziando a far ritirare dalla Siria l’esercito e i contractor. Sul fronte statunitense, credo sia necessario osservare il comportamento del Segretario della Difesa, Jim Mattis, che sta procedendo coi piedi di piombo e ha anche detto che la rappresaglia potrebbe essere procrastinata a lungo, nonostante il tweet del presidente Trump. Si ha quasi l’impressione, infatti, che le minacce di Trump siano state più che altro un modo per riequilibrare la distanza che gli stessi Stati Uniti avevano preso dal conflitto siriano.

La minaccia di un conflitto Russia- Usa in Siria sta rientrando, quindi?

Il pericolo di un’escalation è costante e non viene solo dalla Siria. Il territorio siriano è irto di presenze militari di tutti i principali protagonisti del Medio Oriente e questo è prima di tutto una minaccia per Israele e quindi di rimando per gli Stati Uniti. Del resto, Trump continua a suggerire che sia stato un cruciale errore di Obama quello di non agire militarmente quando Assad lanciò i primi bombardamenti con armi chimiche. In questo groviglio, la linea che ha pagato di più è stata quella spregiudicata della Russia, che è entrata a gamba tesa nel conflitto siriano e ha di fatto esautorato l’azione statunitense. Il quadro è complicatissimo e investe l’intera vicenda mediorientale, i cui snodi sono pericolosamente incancreniti.

Dunque nulla cambierà?

Lo dicevo prima, c’è la consapevolezza che le jeux sont fait, i giochi sono fatti. La Siria probabilmente manterrà i suoi confini, ma è stata sfigurata e trasfigurata da questa mostruosa vicenda e ha subito una presa di possesso del territorio da parte di attori esterni. Eppure, incredibile a dirsi, il regime di Assad è salvo e ha stretto alleanze regionali importanti con l’Iran, il Libano e ovviamente la Russia. Insomma, si sta consolidando lo scenario peggiore.

Sul fronte politico italiano, che in questi giorni ha riscoperto il conflitto, questo potenziale stallo che cosa comporta?

Che Salvini e Di Maio, forse, sono stati fortunati. Il fatto che la rappresaglia americana si sia allontanata a livello temporale e che dunque non ci sia a breve una richiesta di utilizzo delle nostre basi non costringe nessuno a prendere immediate decisioni impegnative sul fronte internazionale.

Il diverso collocamento in politica estera segna davvero una delle maggiori distanze tra Salvini e Di Maio?

Direi di no, riscontro solo un certo moto ondivago da parte dei 5 Stelle. Quello che oggi dice Luigi Di Maio è molto diverso da ciò che predicava il Movimento solo nella passata legislatura, quando aveva addirittura proposto una mozione per far uscire l’Italia dalla Nato. Che dire, mi rallegro che anche il leader dei 5 Stelle oggi si senta di dire che siamo occidentali, dunque implicitamente filoatlantici e quindi filo Nato. Registro solo che, probabilmente, dovremo abituarci a questi improvvisi rovesciamenti di vedute. Per quanto riguarda Salvini, è vero che ha fatto dichiarazioni contrarie alle sanzioni commerciali alla Russia, ma proprio all’uscita dalle consultazioni ha detto che dobbiamo tornare allo “spirito di Pratica di Mare”, ovvero la riunione Nato che fu il trionfo in politica estera del governo Berlusconi del 2002.

Lo diceva prima: in ogni caso serve un governo che si assuma le decisioni in politica estera. Secondo lei un esecutivo si nominerà oppure torneremo alle urne?

Io mi chiedo quando finiranno le manfrine e si vada al di là di scaramucce, veti e battutacce come l’ultima di Di Battista contro Berlusconi. Se dovessi fare un’ipotesi, mi pare che grazie all’impulso di Mattarella possa nascere giocoforza un esecutivo “Frankenstein”, poggiato su 5 Stelle e Lega. Il Presidente della Repubblica è perfettamente consapevole, infatti, che concedere altro tempo significa alimentare un dibattito surreale, mortificante e soprattutto inutile. Una cosa è chiara: il 4 marzo non ha avuto vincitori e quindi tutti gli attori devono trovare in fretta un accordo minimo sui punti fondamentali di un governo, che non può più essere procrastinato.