Il Consiglio superiore della magistratura, tramite il presidente della Settima commissione, competente sull’organizzazione degli uffici giudiziari, il togato Nicola Clivio, ha deciso di fare ordine nell’attuale “fai da te” comunicativo. Ed è stato così istituito un gruppo di lavoro sulla “comunicazione delle decisioni giudiziarie”, coordinato direttamente dal presidente emerito della Cassazione Giovanni Canzio.

Obiettivo è quello di fornire “linee guida e modelli organizzativi per un’efficace comunicazione degli Uffici requirenti e giudicanti”.

La comunicazione, come detto, è al momento lasciata alla “capacità” del singolo dirigente non essendo le Procure o i Tribunali forniti di uffici stampa composti di giornalisti iscritti all’Ordine.

Uffici stampa presenti, invece, in quasi tutte le realtà giudiziarie europee. Del resto, il tema delle “esternazioni” dei magistrati è da sempre di grande attualità. Negli anni si è più volte tentato di arginare le toghe particolarmente “loquaci” con provvedimenti normativi ad hoc. Ad esempio, attribuendo al solo procuratore della Repubblica, o ad un pm da lui delegato, la gestione dei rapporti con gli organi d’informazione. E’ di tutta evidenza che anche un semplice commento su un qualsiasi fatto di cronaca da parte di un magistrato abbia un rilievo mediatico che nessuna dichiarazione di un esponente politico è in grado di eguagliare.

Si ricordi il caso del presidente del Tribunale di Bologna, che etichettava come «repubblichino» chi fosse stato favorevole al referendum costituzionale del 2016 o quello del gip di Treviso che, dopo essersi lamentato dell’incapacità dello Stato di garantire la sicurezza dei cittadini, aveva dichiarato di voler provvedere in autonomia uscendo di casa «con in tasca la pistola».

Frasi che avevano guadagnato subito le prime pagine dei giornali e scatenato polemiche a non finire.

A ciò si affianca, poi, la “comunicazione giudiziaria” in senso stretto. Un magistrato che esprime giudizi su un procedimento a lui assegnato è in grado di condizionare pesantemente l’intero circuito informativo che si sta occupando del caso. Chi potrà mettere in discussione quanto detto da una toga in conferenza stampa?

Si rifletta sul caso dell’applicazione di misure cautelari prima che siano chiuse le indagini. Solo il magistrato assegnatario conosce cosa c’è “dentro” il fascicolo, non essendo stati depositati gli atti. Un potere immenso. Una assoluzione a distanza di anni non potrà mai cancellare i giudizi di valore detti a “caldo” dal pm nei confronti dei suoi indagati.

A proposito di uffici stampa, va ricordato che in alcune sedi, come il Tribunale di Vicenza, sono già presenti: il presidente Alberto Rizzo ha stipulato delle collaborazione con stagisti che provvedono, su sua indicazione, alle varie attività informative dell’ufficio, anche redigendo comunicati stampa.

Il gruppo di lavoro coordinato da Canzio è composto dal procuratore generale di Venezia Antonio Mura, dal procuratore di Napoli Giovanni Melillo, e da importanti giornalisti Rai e di testate nazionali. Entro la fine dell’attuale consiliatura l’approvazione delle linee guida.

Il vice presidente del Csm Giovanni Legnini, presentando questa settimana l’iniziativa in Plenum, ne ha sottolineato l’importanza, essendo necessario mettere «limiti alle esternazioni dei magistrati in ordine ai procedimenti a loro affidati o di cui si sono comunque occupati».

Ultimo caso, le frasi del pm di Genova Enrico Zucca a proposito dei fatti del G8 del 2001. «Chi ha coperto i nostri torturatori, come dicono le sentenze della Corte di Strasburgo, sono ai vertici della polizia, come possiamo chiedere all’Egitto di consegnarci i loro torturatori?», aveva detto la toga genovese, attirandosi gli strali del capo della polizia Franco Gabrielli.