Di certe si sono solo la dinamica del fatto e la conseguenza pratica. Succede il 20 marzo, un nuvoloso mercoledì milanese, che il leader della Lega Matteo Salvini vada in una gelateria di Piazza Siena con il figlio. Dall’altra parte del bancone c’è Jessica, una ragazza che lavora lì da 10 giorni, e all’ordinazione di un cono risponde che no, lei i razzisti non li serve. Subentra un collega che lavora con lei, prepara il gelato e lo consegna al segretario del Carroccio, che paga e se ne va. L’intemperanza, però, arriva alle orecchie della titolare, che decide per una bella lavata di capo alla giovane, assunta in prova attraverso un’agenzia interinale. Sui toni della conversazione le versioni divergono, ma l’epilogo è lo stesso: Jessica non lavora più alla gelateria.

Atto di resistenza politica o scortesia nei confronti di un cliente, la notizia è troppo ghiotta per rimanere confinata dietro il banco frigo. Su Facebook, la madre indignata di Jessica scrive un post di fuoco ( poi cancellato) non contro la gelateria, ma contro Salvini: «Signor Matteo Salvini, sono la mamma della ragazza che serviva al banco della gelateria. Desidero informarla che a seguito della telefonata che lei ha fatto alla titolare del negozio in quanto non soddisfatto del servizio da parte di mia figlia, mia figlia ha perso il lavoro». Firmato, Cristina Villani. Ironia della politica, un’ex assessora del comune di Corsico, nell’hinterland milanese, in quota Forza Italia.

Il tribunale social si mette in moto e all’accusa rispondono indignati i salviniani che accusano la ragazza di poca dedizione al lavoro, apostrofati poi dagli strenui sostenitori di chi è pronto a perdere il posto per le proprie convinzioni politiche. Il tam tam è tale che ci si mette poco a individuare il nome della gelateria, così il dibattito si sposta sulla pagina Facebook di “Baci sottozero”, subissata di recensioni negative, commenti di accusa e promesse di boicottaggio ( con il placet implicito del meteo, con la colonnina al mercurio fissa saldamente a una cifra).

A quel punto, arriva la controversione della proprietaria: macchè telefonata di Salvini, in gelateria non ha telefonato proprio nessuno. Il fatto è stato riportato dai colleghi di turno di Jessica, e la direzione ha ripreso la ragazza «come giusto che sia». Durante la discussione, però, la giovane in estremo atto di difesa delle proprie idee si è tolta la divisa e se n’è andata sbattendo la porta, «esclamando cose che poco hanno a che vedere con il nostro lavoro». Nessuna telefonata galeotta, dunque: la madre indignata viene smentita non solo dalla gelateria ma anche dal diretto interessato, lo stesso Salvini. Poi, puntualizza “Baci sottozzero” per amor di precisione, la signorina non è stata «licenziata», ma si è licenziata da sola, «abbandonando il posto di lavoro a metà turno». La spiegazione resa su Facebook, però, non soddisfa la pubblica accusa social, che se la prende a turno coi colleghi spioni e «sbirri» ; con gli stessi colleghi costretti a “vendere” al padrone l’anello debole della catena lavorativa a pena di licenziamento anche per loro; con le assunzioni tramite agenzia di lavoro interinale; con la gelateria che è razzista come il suo famoso cliente; con Salvini che ordina i licenziamenti. Alcuni, complottisti, notano con sospetto che la gelateria è decisamente «troppo» preoccupata a dare spiegazioni, quindi sotto dev’esserci per forza qualcosa. Nella massa di commenti, qualcuno ricorda che la campagna elettorale è finita, altri tranquillizzano “Baci sottozero”, «tanto, visto l’esito del voto, avrete la gelateria piena di leghisti».

Unica silente parte in causa, per ora, è l’ex gelataia in erba con antipatie leghiste. Intanto, dopo qualche ora di euforia da tribuna popolare, anche Facebook è tornato alla normalità e i commenti sulla pagina Facebook di “Baci sottozero” hanno ricominciato a riguardare la vellutata al mascarpone.