I sondaggi, delle ormai imminenti elezioni parlano di una percentuale corposa di astenuti . Qualcosa della cui la politica deve tener conto. Ma la stessa attenzione non è rivolta verso chi non ha neanche la possibilità di scegliere se votare o no. Si tratta delle migliaia di ragazzi e ragazze nati in Italia da genitori stranieri ai quali la mancata riforma della cittadinanza ha precluso la facoltà di decidere. A tutti questi si aggiungeranno coloro che non hanno ancora compiuto 18 anni e che frequentano ancora la scuola. Secondo il Miur erano 815mila gli alunni e alunne stranieri iscritti nel 2016. [embed]https://youtu.be/5M_6xwOViHg[/embed] Per questo l’organizzazione Italiani senza Cittadinanza ha lanciato la campagna #Vorreimanonvoto, si tratta di selfies scattati con lo slogan della campagna scritta sul viso, sulle magliette o usando altri modi. L’intento è quello di far vedere alle persone che il problema esiste, che una fetta di popolazione è esclusa dalla partecipazione. Spiega bene l’iniziativa Ania Tarazsiewicz, nata in Polonia 28 anni fa e arrivata in Italia a 11 anni. Qui ha studiato e si è laureata: « Con questa campagna noi mettiamo i nostri volti di italiani non riconosciuti e diciamo che noi restiamo , perché esistono cittadini italiani per cultura, per appartenenza, eppure non hanno diritto al voto. Vuol dire che questa legge non sta funzionando». La mancata riforma è una ferita che probabilmente peserà anche negli anni a venire se come si prevede la sua approvazione sembra ormai affossata. Lo conferma Ania: «come è finita la vicenda della riforma mi ha lasciata delusa non solo per il fatto che non potrò partecipare alle elezioni politiche ma anche per il fatto che la nostra situazione è stata molto trascurata da tutti i partiti in questi anni. Al senato la riforma non è stata neanche affrontata, molti politici sono letteralmente scappati, questo è un segno di noncuranza verso un problema che esiste, cioè che esistono italiani senza cittadinanza». Un concetto che è ribadito anche da Sonny Oloumati , genitori nigeriani ma nato a Roma 31 anni fa, cresciuto nella Capitale, ballerino e con gli studi di medicina da terminare: «Non credo che ci sia la volontà effettiva di cambiare qualcosa, lo dimostra la vicenda dello ius soli, è stata una delle questioni più sottovalutate e meno capite dalla politica italiana in toto.. Fare programmi elettorali quando così tanta gente non vota significa prendere il giro le persone, vogliamo ancora parlare di suffragio universale?». La sfiducia nella classe politica accomuna i ragazzi senza cittadinanza e i cosiddetti italiani di sangue. Sicuramente non avrebbero votato partiti razzisti ma come dice Ania: «quasi mi sento sollevata di non poter votare perché alla fine avrei votato il meno peggio perché non esiste un partito che sembra avere una visione lungimirante». Il peso dell’esclusione è forte e porta a ragionare fuori dagli schemi che ci si aspetterebbe. «Noi siamo italiani senza cittadinanza, siamo quasi un milione e siamo un popolo sommerso – si infervora Sonny -. Non possiamo votare e siamo governati da chi non gli permette di decidere chi mandare al governo. Il voto sarebbe una grande espressione di democrazia se potessi esercitarla ma per me non significa nulla perché non ho mai avuto una tessera elettorale non sono mai stato interpellato per decidere e sinceramente, non ho una grande stima dei partiti italiani».