Una campagna elettorale agli sgoccioli, in cui la polemica non si è mai placata. Ora l’ultima, con gli attacchi a Renzi da sinistra. Cesare Damiano, leader dell’area LabourDem e candidato al collegio uninominale di Terni, non è certo un renziano ma difende il segretario: «Non mi stupisce l’accanimento: la legge del “nemico a sinistra” è sempre stata uno dei nostri mali. Da uomo di sinistra che vuole l’unità, dico che non la si ottiene a bastonate».

A scatenare le reazioni di Liberi e Uguali è stata la dichiarazione di Renzi, il quale ha anticipato che non si dimetterà, nemmeno nel caso di esito negativo del voto. Lei, da non renziano, cosa risponde?

Io non sono mai stato renziano, ma faccio parte del Partito Democratico e obbedisco alla legge della lealtà e al vincolo di maggioranza, sempre che mi consentano di esprimere la mia opinione, cosa che fin qui non mi è stata negata. A Nicola Fratoianni dico che i segretari di partito se li sceglie il partito e non chi non ne fa parte.

E lei condivide la scelta di Renzi?

Ho sempre sostenuto la necessità di riformare lo statuto del Pd, distinguendo nettamente il ruolo di segretario da quello di premier. Renzi, nel caso di una disfatta che certamente non mi auguro, farà le sue valutazioni circa il suo ruolo di segretario, ma ribadisco che c’è bisogno, soprattutto ora, di separare i ruoli. C’è spazio per un segretario e c’è spazio per un presidente del Consiglio.

Però non la stupiscono gli attacchi di chi sostiene che Renzi abbia fatto peggio di Berlusconi?

Non mi stupisce perché gli attacchi da sinistra fanno parte della nostra storia. Del resto, per gli scissionisti non c’è nemico peggiore di chi è rimasto nella casa da cui loro sono usciti.

E’ tornato il fantasma delle larghe intese, ipotesi allontanata però da Gentiloni e da Veltroni. Si tornerà al voto se non si troverà una maggioranza?

Io sono assolutamente contrario ad alleanze con Berlusconi o con la destra. L’unica eventualità sarebbe un esecutivo di carattere istituzionale, che faccia alcune riforme mirate, a partire da quella elettorale, per poi tornare al voto. Per questo la scelta di votare Pd è importante al fine di dare una prospettiva di governo.

Eppure gli ultimi sondaggi non sono incoraggianti.

Il Pd ha avuto un arretramento molto grave rispetto al 40% delle Europee e ora l’obiettivo è arrivare al 25%. In queste cifre sta tutto il significato della nostra crisi. Sento però che, dopo aver toccato il fondo, c’è una ripresa che deriva anche dalla consapevolezza da parte di molti cittadini, compresi i delusi della sinistra che avevano deciso di astenersi, che, malgrado le sue contraddizioni, il Pd è rimasto l’ultimo baluardo contro i pericoli della destra estrema e l’unico in grado di avanzare delle proposte ragionevoli per un buon governo del Paese.

Cosa intende per ragionevoli?

Guardiamo ai contenuti di questa campagna elettorale. Le promesse del centrodestra e del Movimento 5 Stelle sono impossibili da realizzare, perchè cumulano ciascuna un impegno di spesa tra i 100 e i 200 miliardi di euro. Noi sappiamo che si combatte con le risorse a disposizione, che sono al massimo di qualche decina di miliardi. Mi auguro che questi elementi, accanto all’estremismo verbale delle destre, inducano le persone a scegliere il Pd come partito della ragionevolezza. Il punto essenziale è stato e sarà Paolo Gentiloni, che a mio avviso può esprimere una continuità di buon governo.

Si è ripetuto come questa sia stata una campagna elettorale povera di temi. Condivide?

Non è vero, semmai sono stati un po’ oscurati da una campagna piena di polemiche e asprezze, soprattutto da parte di chi ha posizioni più estreme. Sono fiero di dire che nel programma del Pd si dà molto spazio al tema del lavoro e a quello dello stato sociale, sia sotto il profilo previdenziale che della disuguaglianza. Le nostre proposte sono semplici: puntiamo sulla ripresa dell’economia e scommettiamo sulla diminuzione del cuneo fiscale per le assunzioni a tempo indeterminato. Sul fronte delle pensioni, vogliamo dare continuità all’Ape sociale, fare la nona salvaguardia degli esodati, proseguire Opzione Donna e consentire l’accesso alla pensione con 41 anni di contributi. Infine, per i giovani, vogliamo introdurre la pensione contributiva di garanzia, che aiuta a raggiungere il traguardo di una pensione dignitosa per una generazione segnata da un lavoro povero perchè discontinuo, mal pagato e con bassi contributi.