E' una storia di perdono e redenzione e forse questo è stato l’elemento cruciale, quello ha convinto il governatore del Texas Gregg Abbot a risparmiare all’ultimo momento la vita di Thomas “Bart” Whitaker, commutando la sua pena capitale in ergastolo. Mai prima d’ora Abbot, un fervente cultore dell’omicidio di Stato e della vendetta biblica, aveva risparmiato un condannato a morte.

Invece, come in un film hollywoodiano, pochi minuti prima dell’iniezione letale il boia riceve l’ordine di fermare l’esecuzione: il governatore ha accolto la domanda del padre di Bart, Kent Whitetake. Un comprensibile slancio paterno se non fosse che l’uomo è lui stesso un sopravvissuto al delitto commesso dal figlio che 15 anni prima ha pianificato lo sterminio della sua famiglia per intascare un’eredità da un milione di dollari. Doveva morire anche lui, soprattutto lui nel piano diabolico architettato da Bart. Una vicenda terribile che ha appassionato e scosso l’opinione pubblica americana fino all’epilogo inatteso.

Houston, dicembre del 2003, la famiglia Withetake va a cena fuori per festeggiare il diploma di Bart che all’epoca ha 23 anni, con lui il padre Kent, la madre Tricia e il fratello minore Kevin; è una serata piacevole e spensierata in cui si parla dei proget-È ti e di futuro. Al ritorno a casa il massacro: un cecchino appostato in giardino esplode diversi colpi d’arma da fuoco contro i Whitetake: Tricia e Kevin muoiono sul colpo, Kent è gravemente ferito e anche Bart viene colpito a un braccio per render più credibile la messa in scena.

Vivono in un quartiere residenziale, sono benestanti, l’ipotesi della rapina appare inizialmente la più credibile, ma lo è quasi per automatismo, anche perché la modalità è davvero strana, con quella mattanza inutile, quasi un’esecuzione.

Ci vorrà un anno perché gli inquirenti giungano alla verità e per farlo sono ripartiti proprio dal luogo del delitto. A nessuna delle vittime erano stati rubati i portafogli e non c’è stato nessun tentativo di entrare nell’appartamen-to: non è stata una rapina. E poi durante gli interrogatori, che durano diversi mesi, Bart appare nervoso, contraddittorio. Indagando sulla sua vita scoprono che non si è mai iscritto all’università, ha mentito per anni a tutti i familiari, una bugia che poi gli è servita per organizzare la sua trappola mortale.

Nel frattempo Kent esce dall’ospedale, torna a casa dal figlio ignorando che è proprio lui l’autore della strage. Pur essendo molto religioso, desidera vendetta e si oppone ad ogni idea di perdono: «Ero arrabiato con Dio, mi chiedevo come avesse potuto permettere tutto questo». Il cerchio si sta strin- gendo, i nervi di Bart cedono, viene preso dal panico e scappa, rifugiandosi in Messico con una falsa identità. Resterà latitante per un anno, fino all’arresto della polizia messicana e all’estradizione negli Stati Uniti.

Quando Kent Wihtetake ha la conferma che Bart è il mostro che ha falciato via la sua famiglia è già un uomo pacificato con la collera, anzi, il fatto che il diavolo abbia scelto proprio suo figlio per commettere il male è per lui un segno del destino, la strada tracciata da Dio indica il perdono e la redenzione. Racchiuderà i suoi pensieri e la sua sofferenza in un libro, Murder by Family.

Come ha spiegato l’avvocato di famiglia Keith Hampton, la fede ha aiutato Kent a superare il paradossale tormento: «Questa storia è unica, prendete le due persone che amate di più e immaginate che una uccida l’altra. Ci vuole una punizione, ma scegliereste di mandare a morte l’unico figlio che vi rimane?»