«I processi non si fanno nelle piazze, né in televisione o sui giornali». Il richiamo di Andrea Orlando ai magistrati rappresenta anche il lascito del ministro della Giustizia al suo successore e un grido d’allarme in un tempo «insofferente alle garanzie». Un’insofferenza che trascina con sé anche la democrazia, messa a rischio nel momento in cui vengono minati i diritti fondamentali e che solo un fronte comune tra avvocatura, magistratura e politica può difendere. Il monito arriva dopo la visita negli uffici giudiziari di Macerata e alle vittime del raid xenofobo di una settimana fa, quando il 28enne Luca Traini ha seminato il panico sparando sugli immigrati per vendicare la morte della giovane Pamela Mastropietro. Un invito ribadito anche ieri, nel corso dell’inaugurazione dell’anno giudiziario forense, dove ha chiesto di nuovo uno sforzo di «serenità» a magistrati e avvocati, il cui ruolo, ha sottolineato il ministro, «è fondamentale a difesa dei diritti più intimi che costituiscono la democrazia. Tro- vate quella serenità – ha aggiunto –, che spesso non è agevolata da rumori di fondo, nei valori portanti della Costituzione». E sono i rumori di fondo rappresentati da una giustizia sempre più mediatica e giustizialista quelli da eliminare, contrapponendo «un’avvocatura forte e libera», come condizione essenziale «per la libertà di tutta la giurisdizione». Orlando ha approfittato del momento per tirare le somme del suo mandato, vissuto fianco a fianco con il Cnf. «In questi, anni grazie anche al lavoro del Consiglio, sono stati battuti molti luoghi comuni che in passato hanno caratterizzato la professione forense e si sono difese le ragioni dell’avvocatura senza mai sconfinare nell’ambito del corporativismo – ha affermato –. Credo che sia una lezione di portata generale in una fase come questa, in cui tentazioni di chiusura e di reazione corporativa ai cambiamenti sono diffuse nella società italiana. L’avvocatura è baluardo della difesa dei diritti e della democrazia. Una voce fondamentale a tutela delle garanzie, soprattutto di chi ha meno voce per difendersi. Per questa ragione abbiamo lavorato insieme, inaugurando un metodo nuovo che ha contribuito a realizzare molti dei risultati che abbiamo ottenuto». Un cambio di passo rispetto al passato, quando l’avvocatura veniva tenuta ai margini nel dialogo con la politica, risultando «troppo spesso dimenticata, nell’ascolto necessario che deve esservi, a mio avviso, da parte del ministero della Giustizia».

La legislatura appena terminata è stata importante soprattutto per il pianeta giustizia, «per ciò che è stato fatto e per i processi avviati». La sfida, ha spiegato il ministro, è quella di renderla efficiente, precondizione essenziale per un sistema economico e produttivo competitivo e per assicurare garanzie dei diritti dei più deboli. I primi passi sono stati mossi, a partire dalla giustizia civile, che ha visto una drastica riduzione delle pendenze – circa un milione e mezzo in meno rispetto al 2013 – e una «tangibile riduzione della durata media dei procedimenti». Strumenti e miglioramenti apprezzati dagli osservatori internazionali, che dal 2013 ad oggi hanno fatto guadagnare all’Italia 52 posizioni nelle classifiche del Doing business della Banca Mondiale. Le comunicazioni telematiche di cancelleria hanno inoltre raggiunto e superato i 50 milioni, consentendo, negli ultimi tre anni, un risparmio di 178 milioni di euro.

Una vera e propria «rivoluzione digitale» resa possibile anche grazie al contributo dell’avvocatura. Fondamentale è stata poi la riforma dell’ordinamento professionale forense, «che ha consentito una valorizzazione del ruolo dell’avvocatura e del rilievo costituzionale della stessa», facendo fronte alla crisi che «ha investito anche questa categoria – ha detto il ministro – e che rischia di essere un tutt’uno con la crisi della democrazia e delle classi dirigenti». Un’avvocatura «forte e libera da condizionamenti», invece, «assicura la libertà di tutta la giurisdizione», ha sottolineato Orlando. In particolare, la «recente introduzione dell’equo compenso per le prestazioni professionali degli avvocati testimonia l’attenzione alle esigenze di una categoria professionale che, in particolare nelle giovani generazioni, è stata particolarmente colpita dalla crisi economica degli ultimi dieci anni, accentuando le asimmetrie e le prevaricazioni dei “clienti forti”». Azioni a difesa di «uno dei principali bacini di competenza del Paese – ha evidenziato –. Dobbiamo imparare ad avere più fiducia nella competenza, in un momento storico in cui perfino le verità scientifiche vengono messe in discussione». La sfida è quella di dare continuità alle riforme e riuscire a declinarle nella società. «Sono molte le cose fatte e quelle che avrei voluto fare e tra queste una su tutte è il rafforzamento dell’avvocatura nella governance territoriale della giurisdizione – ha concluso –, cioè il ruolo degli avvocati nei Consigli giudiziari».