Il Consiglio Nazionale Forense rivolge innanzitutto l’augurio di buon lavoro ai nuovi vertici della Corte da poco insediatisi, garantendo loro un costante dialogo. Ciò nella convinzione che sia necessario ribadire, e forse riscoprire insieme, il pieno valore della nostra giurisdizione, valore che è sociale oltre che tecnico. Va rammentato come la funzione giurisdizionale non si esaurisca in quanto dettato dal titolo IV della Costituzione, ma sia altresì esercizio del dovere di solidarietà e del principio di uguaglianza, affermati nella prima parte della Carta Fondamentale.

Coloro che operano nella giurisdizione, magistrati e avvocati innanzitutto, devono aver ben chiaro d’essere chiamati a guidare non solo e non tanto un modello tecnico di risoluzione delle controversie, ma ancor prima uno tra i veicoli di democrazia solidale pensati dai nostri Padri Costituenti. E allora, la corretta e piena interpretazione di detta funzione è certamente di per sé necessaria alla tutela dei diritti inalienabili, ma può assurgere anche a riferimento trainante per la crescita democratica della nostra Società.

Per tale motivo, magistrati e avvocati devono rivendicare e difendere insieme la condizione, non rinunciabile, della piena indipendenza della attività giurisdizionale, indipendenza dagli altri poteri dello Stato, ma anche da altre forme di possibile condizionamento. Mi riferisco all’invasività di un certo sistema mediatico, che, trasformando il processo in occasione di profitto, finisce con il banalizzarne e delegittimarne la funzione; alla tendenza generalizzata ad anteporre obiettivi economici o finanziari, alla necessaria qualità del processo.

E infatti, ricordiamoci che quello civile non è solo recupero crediti di azienda, ma è anche tutela dei diritti della famiglia, del diritto al lavoro, all’abitazione, alla salute, al corretto esercizio di impresa, ecc…, e che il processo penale per essere giusto non può mai sacrificare all’efficientismo le garanzie di un giudizio ponderato, non è un treno ad alta velocità cui sia concesso saltare le stazioni delle garanzie; infine, alla esigenza di tracciare chiaramente gli ambiti di competenza tra alcune, sicuramente importanti, Autorità indipendenti, il Legislatore, e gli Apparati giudiziari.

Questa affermazione di indipendenza della giurisdizione, necessita di una assoluta presa di coscienza del proprio ruolo da parte di magistrati e avvocati, che non può essere letto da nessuno di loro in chiave autoreferenziale o esclusiva, se è vero come è vero che non vi sarà mai magistratura indipendente, attendibile e verificabile nel proprio operato, in assenza di una avvocatura libera di custodire i diritti e le garanzie. E viceversa.

Devo, a tal proposito, dare atto innanzitutto al Ministro della Giustizia, ma insieme al Governo e alla forze parlamentari tutte, di avere intrapreso un percorso di riconoscimento del ruolo dell’avvocato e della dignità della di lui prestazione, attraverso misure come l’equo compenso, il legittimo impedimento della avvocata in gravidanza, i nuovi parametri, l’attuazione della legge professionale.

Positivi anche gli sforzi del ministero in investimenti economici nel sistema giustizia, gli interventi a sostegno di una concezione del carcere e della pena maggiormente coerenti con il dettato costituzionale, come anche quelli a maggior tutela della privacy dell’individuo nel campo delle intercettazioni. Ovviamente, le soluzioni normative adottate presentano positività da rafforzare e criticità da limare.

L’avvocatura, d’altro canto, ha espresso la propria contrarietà con riferimento ad altre iniziative, ad esempio la cosiddetta “sommarizzazione” del processo civile; il rischio di sacrificare il principio di prossimità, ma anche di efficienza, attraverso alcune delle soluzioni suggerite dalla riforma fallimentare; alcuni interventi in materia penale, ricordo qui ad esempio il cosiddetto processo a distanza.

Si tratta sempre di una naturale dialettica, che deve fondarsi comunque sull’ascolto di chi ogni giorno opera nei tribunali da parte di chi è chiamato a legiferare, e sul supporto tecnico e responsabile che i primi possono e devono dare, contribuendo così a contrastare le spinte verso un rischioso modello di società costruito sull’antipolitica.

Da qui anche l’importanza strategica dei Consigli dell’Ordine, veri presidi di operatività e di legalità sul territorio, che sempre più andranno valorizzati come riferimento per i cittadini, e come compartecipi a pieno titolo e responsabilità alla organizzazione della giurisdizione; penso alla necessità di prevederne un ruolo non più limitato nelle conferenze permanenti e nei consigli giudiziari.

Ma soprattutto, a garanzia di una giurisdizione piena, penso al rafforzamento in Costituzione dei principi di libertà e indipendenza dell’avvocatura. La piena assunzione di responsabilità di magistrati e avvocati, deve comprendere il proseguimento di quella collaborazione in essere tra le Supreme giurisdizioni e il Consiglio Nazionale Forense; in questa sede ricordo i protocolli stipulati tra il Consiglio e la Corte di Cassazione, ma anche lo scambio costante di informazioni, ad esempio sulle problematiche e sugli aspetti sensibili riferibili al processo telematico.

Insieme si potrà lavorare ad una sempre più corretta attuazione della funzione nomofilattica della Corte, che presuppone la soluzione di tante questioni tra loro collegate, dalla iper produzione normativa, alla tecnica legislativa, ad una concezione di sinteticità degli atti dell’avvocato, virtuosa se idonea a garantire il pieno esercizio del diritto di difesa, alla esigenza di prevedere una tecnica di stesura della motivazione, ad iniziare dalla sentenza di merito, sempre comunque idonea a ricostruire l’iter logico e argomentativo del giudice, e, da ultimo, alla necessità di promuovere una forma di nomofilachia dinamica, tale da non rischiare di “impigrire” o demotivare i giudici di merito, e gli avvocati, nella interpretazione evolutiva del diritto.

Come si vede il lavoro da fare insieme è molto, così come è senza dubbio alta la qualità della magistratura e della avvocatura italiana, una qualità in grado di costruire un modello di giurisdizione che risponda pienamente al principio di uguaglianza e ai doveri di solidarietà, insomma un modello affidabile, di cui andare fieri.

Concludo augurando a tutti noi buon lavoro.