di Elena Porcelli La spettacolarizzazione dell'informazione altro non è se non una versione alternativa delle tanto vituperate fake news, cioè notizie false messe in giro ad arte per screditare avversari, spargere veleni, confondere piani e responsabilità, allontanare l'opinione pubblica dalla corretta comprensione dei fatti. Gli intrecci perversi tra poteri più meno forti e informazione appaiono nitidamente in alcune vicende come quella che ha riguardato e sta riguardando tuttora il Comandante generale dell'Arma dei Carabinieri, Tullio Del Sette, preso di mira per il malvezzo italiano di avvertire la suocera affinché nuora intenda.  Per colpire, cioè, l'ex Presidente del Consiglio, Matteo Renzi. Le inchieste giornalistiche che hanno raccontato l’Arma negli ultimi due anni, perciò, sembrano intrecciarsi in modo indissolubile ad un disegno di restaurazione dei vecchi poteri che - a livello politico - hanno cercato, in larga parte riuscendoci, di disarcionare l’ex premier.Dopo la sconfitta al referendum del 4 dicembre 2016, il disegno di “cacciarlo” da Palazzo Chigi ha raggiunto l'obiettivo, perché è stato il diretto interessato, per coerenza, a dimettersi. Da quel momento si è intensificato anche il tiro al bersaglio contro il Comandante dell'Arma dei Carabinieri, accusato per interposta persona di aver rivelato segreti d'ufficio sulla vicenda Consip. Troppa era la paura che Renzi, potesse tornare in sella. Ma nulla è mai emerso a carico del generale Del Sette. L’ipotesi accusatoria - è passato più di un anno dall’iscrizione nel registro degli indagati - non si è concretizzata in un rinvio a giudizio. Di contro, il fango mediatico che gli è stato gettato addosso è riuscito nell’intento:  far passare in secondo piano il suo impegno nella riorganizzazione dell'Arma e i suoi  traguardi, tra i quali un indenne assorbimento di una forza di polizia ad ordinamento civile, la costituzione di nuovi reparti per il contrasto del terrorismo e della criminalità organizzata, l'aumento degli organici dei Carabinieri,  i programmi di investimenti infrastrutturali e tecnologici di cui si era persa memoria da tempo e che dopo di lui proseguiranno per i prossimi quindici anni, la straordinaria popolarità  tra il personale. Risultati che hanno portato lustro ai Carabinieri e autorevolezza all'intero corpo dello Stato (la cattura dei latitanti storici della ndrangheta, le grandi operazioni contro la criminalità organizzata al nord come al sud, per citarne alcuni, i convegni internazionali sul diritto umanitario e sull'ambiente, la costituzione dei caschi blu della cultura, la formazione delle forze di polizia di decine di Paesi in tutto il mondo, il contributo alla lotta anti-isis riconosciuto dalla Legione al merito del Presidente Obama concessa solo al Generale Del Sette, per citare soltanto alcuni dei successi dell'Arma nell'ultimo triennio). Si ha l’impressione, per chi scrive da fuori,che in questa vicenda ci sia qualcosa di non detto, di non esplicitato.Una specie di regia, di suggeritore, che mescola fatti veri a cose inventate, una sorta di mitomane della soffiata autorevolissima ai giornalisti, di qualche singolo individuo che l’Arma conosce perché dell’Arma è stato interprete o fa ancora parte. Qualcuno che ha capito che a certa stampa sta bene sparare fuochi artificiali e non proiettili: tanto colore, ma poca sostanza. Un botto che confonde opinione pubblica e classe politica terrorizzata dal clamore mediatico.Qualcuno a cui evidentemente non sta davvero a cuore l’Arma dei carabinieri, che ha deciso invece che tutte queste verità, la riorganizzazione, il risparmio, le ottimizzazioni, debbano restare nell'ombra, sovrastate, nell'onda mediatica, da vere e proprie fake news. Il tempo è galantuomo, si dice, e probabilmente anche per Del Sette si rivelerà tale. Ma intanto questo killeraggio sistematico  di un giornale, qua e là  scopiazzato da qualche altro disinformato e disinformante, nei suoi confronti ha, nell'immediato, un obiettivo di puro potere, che intreccia mire ben precise: impedire che l'attuale Comandante, ormai in uscita perchè prossimo alla pensione, possa in qualche modo dire la sua nella nomina del suo successore che, nell'interesse dell'Arma dei Carabineri e dell'intero Paese, sarebbe bene si muovesse nel solco della continuità. Le istituzioni, le forze dell'ordine hanno bisogno di stabilità e il fatto di essere stato scelto dal Governo di Matteo Renzi e dal Presidente Napolitano il generale Del Sette lo sta pagando a caro prezzo.